martedì 20 gennaio 2009

GOD BLESS AMERICA

Oramai ha giurato.

Alle 18, ora italiana, davanti a un cielo sgombro di nuvole e a due milioni di persone, il nuovo presidente Barak Obama è entrato ufficialmente in carica.

Non è importante sapere o anlizzare quel che farà, se manterrà le promesse, questo lo lasciamo agli analisti che fanno questo per lavoro.

Contano i simboli.

Sulle pendici del Mall, tra il Lincoln Memorial e Capitol Hill, è andata in onda la storia.

Quando Aretha Franklin ha cominciato a cantare "My Country 'tis of Thee", il vecchio inno del XIX secolo con in testa un cappellone di strass a ricordare le acconciature degli schiavi afroamericani, è stato il segno che la storia stava cominciando a mutare. Le fotocamere inquadravano gli sguardi di donne, uomini, bambini e bambine di colore, occhiali appannati dalle lacrime, anni di insulti, di contumelie, di discriminazioni che riapparivano in un amen. Quanti ricordi, quante lacrime.
Da domani tutto questo non scomparirà per magia ma forse si potrà guardare il futuro con più ottimismo.

Il giuramento compiuto sulla Bibbia di fronte al giudice della Corte suprema, "So Help you God?", "So Help me God", è il miglior augurio per un giovane presidente incaricato di riportare gli Stati Uniti al centro di un mondo forse non migliore, ma almeno diverso.