martedì 29 maggio 2007

FESTA DI FAMIGLIA


"Ora decida tranquillamente se togliere o tenere la famosa placca.
Decida per sè, non per la Nazionale, che in passato non gli ha mai riservato gesti affettuosi.
Per Nazionale intendiamo l'ambiente che circonda l'azzurro, di cui fanno parte anche i giornalisti. Volendo, possono sempre chiamare Cassano". Roberto Renga, Il Messaggero, 28 maggio 2006.

"C'è solo un 71, un 71...».
Chi non stava in curva ci ha messo un po' a capire cosa stesse cantando la Sud. Ci ha messo un po' perché non cantava soltanto il numero di maglia di Alessandro Cesaretti, portiere romano del Messina che finalmente non aveva parato il secondo gol necessario a Francesco Totti (e che non poteva che essere chiamato col numero di maglia visto che non sta sull'Almanacco Panini 2007).

La Curva Sud cantava molto di più: la liberazione dall'Old Trafford, l'esorcismo completato dei Diavoli Rossi proprio nel giorno della festa. Quel mostro di risultato stava lì in bella posta davanti alla Curva Sud, nel giorno in cui Spalletti fa come Conti con lo scarpino, in quello in cui figli continuano la storia dei padri e si prendono in braccio il futuro di questa squadra: tra Cristian Totti e Franco Sensi ci stanno esattamente 80 anni di differenza, la stessa età della Roma che ha imparato a crescere. Il passato non fa più paura adesso, ma è una vittoria.
Ieri è un giorno di festa. Chi non credeva fosse possibile vedere alzare una coppa da diecimila persone adesso s'è ricreduto: ieri pomeriggio la squadra e l'allenatore hanno consegnato la Coppa Italia direttamente al popolo e il popolo l'ha sollevata. Fisicamente, non per modo di dire (qualche ragazzo sulla vetrata può a ragione venir considerato rappresentanza di tutta Roma). Questo nemmeno al Milan che vince la Champions League può riuscire. Ieri si poteva vedere questo ed altro, ieri si poteva vedere tutto nel giorno di festa della Roma.
C'era un presidente in tribuna commosso, un Capitano che tornava in campo col suo capolavoro più bello, coi capelli cresciuti che sembrava lui prima del Mondiale. Gli indicava la Curva e pareva dirgli. «Guarda un giorno tutto questo sarà tuo». Indicava un'atmosfera, un'appartenza, l'essere della Roma.

C'erano le tribune per magia tornate colorate per quest'ultima di campionato. Riecco gli striscioni vietati chissà perché ma sicuramente per legge. C'era anche quello di Luisa Petrucci. C'era tanto rosso perché tante persone si sono messe la maglietta della Roma senza bisogno di parole, e c'era il sole che è uscito malgrado le previsioni indicassero alla vigilia pioggia. Le previsioni quando c'è di mezzo la Roma lasciale stare: metereopaticamente magica.

C'erano i giocatori entrati in campo mano nella manina dei loro bambini, i figli di questa grande famiglia dei 60.000. C'erano i ciuccietti di Gaia sotto la Coppa Italia, biondissimi e bionda. C'erano i figli di Doni che quando sono entrati in campo dopo la partita del 4-3 al Messina, della Scarpa d'Oro a Totti cioè alla Roma, sono andati direttamente in porta. Ma faceva ride di più lo speaker dell'Olimpico che solennemente invitava paternalisticamente «i tifosi del Messina a restare seduti ai propri posti a fine partita». Ieri i tifosi del Messina erano 8 come le Coppe Italia della Roma. Che meraviglia! Che meraviglia! Poi Conti che quando Totti fa go si mette il pollice in bocca insieme alla nipotina e sotto la giacca ha ancora e sempre la maglia della Roma: il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette quest'altr'anno giocherà con la maglia numero sette. E le bandiere sventolavano mentre la Roma faceva il giro di campo.

Una cosa così, dopo l'ultima di campionato, non capitava proprio da quel campionato lì. Era il 15 maggio dell'83' un po' ieri (un po' e non di più ovvio), Rosi era nudo come Chierico a Genova, gli altri con la maglietta celebrativa di una coccarda che "intanto incominciamo a mette". Lo stemma della Roma al centro del campo, dietro non un tricolore ma i colori di questa città, giallo ocra e rosso pompeiano per gradire (mica siamo il Lecce o il Messina). La cosa più bella è che la gente è restata al suo posto, niente invasione, nessun "dilettantismo" come invece ci fu quel 17 giugno del 2001. Quando è così c'è una sensazione importante di rispetto verso la "cosa", di cura verso la squadra e verso tutto quello che si sta rappresentando lì davanti agli occhi: la festa per una squadra di calcio che non sarà mai soltanto una squadra di calcio perché mette in gioco sentimenti. Anche nell'83 tutti rimasero al loro posto.

Eppure ieri c'erano tante persone, tante famiglie, che allo stadio non c'erano mai state prima: lo capivi dal brusio a fine azione, dall'"oooohhh" sin troppo ingenuo e stupito che invece un romanista abituato si risparmia di fare, perché non gli viene di fare. Ieri c'era altro da cantare. Perché prima di quel settantuno da capovolgere, la Curva Sud ha cantato per Aldair, per Rizzitelli, Voeller e Tommasino Haessler facce un gol (il primo po-po-po-po della nostra storia), poi ha fatto un altro coro. Questo: "Ooooh Agostino, Ago-Ago-Ago-Agostino goooo". Un'altra volta e poi all'improvviso un attimo di silenzio per tutto lo stadio prima dell'applauso più forte che si sia mai sentito ieri. Che era festa anche per lui.

Quando il giro di campo è finito uno s'è ricordato nuovamente quel vaso lanciato al cielo (e il pugno scagliato a Pisa e il bacio con Ancelotti con l'Avellino) e verso la tribuna: ieri lì c'era il presidente, il figlio maschio che non ha mai avuto aveva in braccio il figlio che ha sempre sognato, nell'altra mano la Coppa. La squadra ha salito gli scalini della Monte Mario e pareva i trentanove di Wembley (dicono che adesso siano diventati tristemente 107), uno a uno mentre Grazie Roma s'alternava a Roma Roma in continuazione senza mai finire come i giocatori che passavano davanti al presidente che se li baciava tutti.

Cesaretti era rimasto in campo e quel numero 71 era diventato ormai soltanto un numero. Enzo stava sulle spalle di Mexes, Gaia sulla macchinetta con la maglietta "papà", Cristian dietro a un pallone. Sensi con Rosella e il mondo attorno, i tifosi, le famiglie, le persone felici per un pomeriggio di festa da ricordare. Semplice semplice è la Roma, come la poesia più bella che non ha bisogno di tante spiegazioni. O una canzone che canta: "la storia siamo noi, padri e figli". Attenzione, nessuno si senta escluso veramente. Nemmeno Alessandro Cesaretti, il numero 71".

Tonino Cagnucci, il Romanista, 28 maggio 2007.

domenica 27 maggio 2007

A CIASCUNO IL SUO...



Grazie ad Enrico per avermi segnalato questa notizia che traggo dal blog di Beppe Grillo.

Ricevo e pubblico una lettera di Marco Travaglio.

"Caro Beppe,vorrei comunicare a tutti gli amici del blog l’ultima notizia scomparsa di una lunga serie.

Il 15 maggio 2007 la III Corte d’appello di Milano ha condannato il senatore forzista Marcello Dell’Utri e il boss della mafia di Trapani Vincenzo Virga a 2 anni per ciascuno per tentata estorsione.

Nessun giornale, a parte l’Unità e il Corriere della sera, l’ha scritto. Nessun telegiornale o programma televisivo, tranne Annozero, l’ha detto. L’Ansa, onde evitare che qualcuno se ne accorgesse, ha dedicato alla cosa ben sette righe e mezza, sotto questo titolo depistante: “Sponsorizzazioni: confermata in appello condanna Dell’Utri”. Come se il reato fosse la sponsorizzazione. Nel testo, si spiegava (si fa per dire) che l’estorsione riguardava imprecisate “modalità di sponsorizzazione della Pallacanestro Trapani”. Quanto a Virga, l’Ansa “dimenticava” di spiegare che è un boss mafioso, vicinissimo a Provenzano, arrestato dopo lunga latitanza nel 2001 e condannato all’ergastolo per mafia e omicidio.

Riepilogo brevemente i fatti.

Nel 1990 il presidente della Pallacanestro Trapani, Vincenzo Garraffa, medico e futuro deputato del Pri, cerca uno sponsor per la sua squadra, neopromossa in serie A2. Publitalia, la concessionaria Fininvest presieduta da Dell’Utri, lo mette in contatto con la Dreher-Heineken. Si firma il contratto: per 1 miliardo e mezzo di lire, i giocatori esibiranno sulle magliette il logo della “Birra Messina”, marchio italiano della multinazionale tedesca.

Garraffa paga la provvigione a Publitalia: 170 milioni. Ma due funzionari della concessionaria berlusconiana battono cassa e pretendono da lui altri 530 milioni, in nero. In pratica, Publitalia vuole indietro la metà del valore della sponsorizzazione, ovviamente sottobanco. Garraffa rifiuta e, ai primi del ’92, incontra Dell’Utri a Milano. Gli spiega di non disporre di fondi neri e di non poter pagare senza fattura.

Dell’Utri – come denuncerà Garraffa – lo minaccia: “Ci pensi, abbiamo uomini e mezzi per convincerla a pagare”. Garraffa non paga.

E, qualche settimana dopo, riceve nell’ospedale di cui è primario una visita indimenticabile: quella del capomafia Vincenzo Virga, scortato da un guardaspalle. Virga è di poche parole: “Sono stato incaricato da Marcello Dell’Utri e da altri amici di vedere come è possibile risolvere il problema di Publitalia”. Garraffa ribatte: “Senza fattura, non intendo pagare”. E Virga: “Capisco, riferirò. Se ci sono novità, la verrò a trovare…”.

L’anno seguente la Pallacanestro Trapani, nonostante i successi sul campo, non trova più uno sponsor. Garraffa s’inventa un’autosponsorizzazione antimafia, ovviamente gratuita, con lo slogan “L’Altra Sicilia”. Che gli porta fortuna: la squadra viene promossa in serie A. Maurizio Costanzo invita lui e i suoi giocatori a parlarne al “Costanzo Show”, su Canale5. Ma poi, all’ultimo momento, cambia idea e disdice l’invito. Garraffa ci vede lo zampino di Dell’Utri. E denuncia tutto ai magistrati di Palermo. Che trasmettono gli atti, per competenza, al Tribunale di Milano.

Qui Dell’Utri e Virga vengono condannati per tentata estorsione aggravata a 2 anni a testa. L’altro giorno, la Corte d’appello ha confermato le condanne.Ora manca soltanto la Cassazione. Dell’Utri intanto è stato condannato definitivamente a 2 anni per false fatture in altre sponsorizzazioni gonfiate e in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

Naturalmente, visto il pedigree, rimane a pie’ fermo in Parlamento e viene pubblicamente elogiato per la sua “intelligenza” da diessini dalemiani come Nicola Latorre (niente a che vedere con Pio La Torre, ammazzato dalla mafia) e ossequiosamente intervistato da giornali e tv su tutto lo scibile umano, fuorchè sulle sue condanne.

Come ricorda Daniele Luttazzi nel suo ultimo spettacolo, Daria Bignardi l’ha recentemente invitato alle “Invasioni barbariche” su La7 e ha subito premesso: “Non parliamo dei suoi processi”. Dell’Utri, comprensibilmente, non ha avuto nulla da obiettare. Anzi, ha aggiunto che il suo giornalista preferito è Luca Sofri. Che, guardacaso, è il marito della Bignardi.

Ecco, dei processi di Dell’Utri è meglio non parlare mai.

Il senatore ha uomini e mezzi per convincere."

Marco Travaglio

Fatto salvo il garantismo, qui nessuno vuole fare il forcaiolo, in questo bizzarro paese si è innocenti a prescindere. Ci sono dubbi sul caso di pedofilia a Rignano Flaminio? Si, ma verso i bambini che hanno subito violenze e non sui presunti pedofili per i quali si organizzano invece fiaccolate di solidarietà.

La colpa è sempre dei giudici, mai dei colpevoli, che buffoni che siete, paese di Pulcinella...

venerdì 25 maggio 2007

QUELQU'UN M'A DIT...


E forse ci vorrebbero proprio le atmosfere dolci e soavi di Carla Bruni come colonna sonora del love affair che coinvolge il nuotatore italiano Luca Marin e la francese Laure Manadou.

Qualche giorno fa la francese, attuale primatista mondiale dei 200 e 400 metri stile libero, ha lasciato il proprio paese per cominciare a gareggiare alla corte della società torinese LaPresse, la stessa dell'amato.
Il suo trasferimento ha fatto piangere lacrime calde alla Francia intera che teme un'improbabile naturalizzazione che però non arriverà in quanto la Manadou ha assicurato che manterrà la cittadinanza francese.

I due fanciulli sono innamorati dal 2006 e la loro storia d'amore è venuta alla luce grazie ai gesti affettuosi che la francese manifestava ad ogni vittoria: nome di Marin tatuato sulla mano o addirittura la sua cuffia italiana indossata sulla cuffia d'ordinanza francese. Marin è sempre stato molto riottoso a proposito della sua storia d'amore, qualcuno ha scritto da vero siciliano attento alle questioni amorose, e ha sempre tenuto a mostrare il suo vero valore di nuotatore che non dipende dal fatto di essere il "signor Manadou".

Ora la sua amata si è avvicinata a lui anche se non potranno nuotare assieme al Centro federale di Verona , un pò perchè non sarebbe correttissimo che una straniera gareggi in una struttura italiana e un pò perchè la sua diretta avversaria, la nostra Federica Pellegrini, pare abbia posto il suo personale diktatat alla possibilità di nuotarci assieme.
In fin dei conti è una storia bellissima in un periodo nel quale si parla di calciopoli, doping o altre sozzure, perchè pensare che tutto sia solo una creazione mediatica? I due sono belli, bravi e famosi e spero che possano creare un precedente, l'amore batte e supera tutte le frontiere.

E francamente l'ironia che traspare dall'articolo di Emanuele Gamba su "La Repubblica" (18 maggio 2007) mi sembra un pò gratuita o no:
"Se fosse una storia d'amore, o soltanto una storia d'amore, sarebbe anche una bella storia: la regina che lascia il reame per correre dietro a lui, uomo fuori dal palazzo. Lei che lascia famiglia, patria e affetti (c'è mica solo il fidanzato, nella vita) per arrivare a 300 Km a ovest da lui: quanto meno, possono evitare di telefonarsi in roaming. (...) L'ha fatto anche per lui, senz'altro. Non l'ha fatto solo per lui, senza dubbio. Perchè veramente l'abbia fatto, la Francia continua a chiederselo e a non capirlo, e difficilmente lo capirà, almeno fino a che lei non lo spiegherà aggiungendo qualche spigolo ai suoi dolci ma muti sorrisi".

Invece personalmente mi auguro le migliori fortune per loro, per l'Italia, la Francia e, perchè no, pure per Gamba al quale, vecchio cuore granata, il campionato sofferto del Torino ha causato forse qualche acidità di troppo.

Un abbraccio dalla Capitale del mediterraneo, sempre più tropical.

venerdì 18 maggio 2007

DOVE ERAVAMO RIMASTI?


"Giuseppe Giannini è stato fino alle 19, 25 di ieri l'ultimo capitano ad aver sollevato la coppa Italia. Sono passati 15 anni, 11 mesi, 8 giorni dal 9 giugno 1991. L'Italia era governata dal settimo esecutivo Andreotti - tifoso della Roma -, la maggioranza era un quadripartito Dc, Psi, Psdi, Pli. La Roma era di Giuseppe Ciarrapico e in panchina c'era Ottavio Bianchi. Giannini aveva 27 anni". (Stefano Boldrini, "La Gazzetta dello Sport").
E me la ricordo bene quella giornata, anche allora si giocò di pomeriggio, anche allora la Roma battè la squadra appena scudettata, anche allora vincemmo contro Roberto Mancini e anche allora in trasferta .
Fu un pomeriggio assolato come ieri, ugualmente strano, perchè Mediaset trasmise la partita in differita e allora ricordo che insieme ad altri stemmo a soffrire davanti ad una radio a tutto volume all'oratorio salesiano di S. Maria Ausiliatrice, Radio Dimensione Suono a palla con la radiocronaca emozionante di Alberto Mandolesi e la sua esultanza commossa al goal su rigore del tedesco volante Rudi Voeller.
Avevamo gli esami di terza media a poca distanza ma fummo strafelici e un pò commossi, consci che il ciclo della famiglia Viola era giunto oramai al tramonto.
E come 16 anni fa fu Flora Viola ad alzare la coppa ieri è toccato a Rosella Sensi sulle note di "Roma Roma".
Davvero una "vie en rose".
E ieri mentre felice esultavo per le strade di Testaccio pensavo, la nostra gente merita davvero mille di queste notti. Meritiamo di vedere scene come quella del goleador Perrotta che ieri, esultando, parlava, fomentato, al telefonino di un tifoso...
E come scrissi qualche settimana fa, "è solo l'inizio".
P. S. : dedicata ad Alberto D'Aguanno, lui sì che avrebbe saputo trovare le giuste parole per commentare il trionfo di ieri.

lunedì 14 maggio 2007

DIO PERDONA LORO...



Silvio Berlusconi, divorziato e quant'altro, ha deciso di muoversi verso piazza S. Giovanni dopo aver letto questa vignetta di Vauro.

Gianfranco Fini, sposato con una divorziata e quant'altro, ha espresso la sua contrarietà verso i Dico.

Pier Ferdinando Casini, divorziato e quant'altro, ha detto che a manifestare in piazza c'era la parte migliore della società.

A tutti loro e a chi la pensa come loro consiglio di leggere l'articolo di un sacerdote, l'ex parroco fiorentino dell'Isolotto Enzo Mazzi, che forse qualcosa, ma solo qualcosa, più di loro a proposito di teologia sa:

Da "Il Manifesto" del 9 maggio 2007


Cercate i Dico nel Vangelo
Enzo Mazzi
Il Vangelo non marcia nel Family day.

I fautori, laici, preti, suore, monsignori, teologi, sono animati da sacro fervore per la famiglia e da sacro furore contro i Dico; ma, per quanto mi risulta da una lunga quotidiana consuetudine col Vangelo, sono lontani dallo spirito e della lettera di quella che dai cristiani viene venerata come Parola di Dio.

Il movimento popolare da cui sono nati i Vangeli è di un «radicalismo etico» che oltrepassa e in parte ribalta la cultura e la teologia tradizionali del tempo. «Si trattò all'inizio di un movimento di contestazione culturale e di abbandono delle strutture della società», compresa la struttura familiare (G. Theissen, La religione dei primi cristiani, Claudiana, 2004).

«Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Luca 14,16).

Parole forti, da contestualizzare. Ma proprio questo è l'etos di fondo del Vangelo che viene riproposto in molti altri momenti della vicenda di Gesù.

«Ecco là fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti. Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: E chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?. Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre» (Matteo 12,46).

Oppure: «Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione... padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Lo so che non c'è solo questo. C'è anche la trasformazione dell'acqua in ottimo vino a un banchetto nuziale. Ma la presa di distanza di Gesù dalle strutture della società ebraica del tempo, dal Tempio, dal Sabato e dai legami familiari, resta, vistosa, predominante, talvolta positivamente provocatoria. Anzi è proprio a causa di un tale atteggiamento che fu messo a morte dai difensori delle strutture tradizionali del tempo: vuol distruggere il Tempio, la Legge, e quindi la famiglia, questa l'accusa.

Non era vero, voleva purificare, guarire le strutture tradizionali, andare oltre. Come non è vero oggi che nuove forme di convivenza distruggono il matrimonio.Un orizzonte nuovo di valori universali si apre in realtà nel Vangelo col superamento del concetto patriarcale di famiglia: da tale oltrepassamento nasce la comunità cristiana, la nuova famiglia, «senza padre» o meglio con un solo padre «quello che è nei cieli». È questa una intrigante contraddizione per il Family-day.

Non voglio dire che per difendere la famiglia tradizionale, «naturale» essi dicono, sarebbero disposti a rifiutare Gesù se tornasse oggi. Ma certo è lontano dallo spirito e dalla stessa lettera del Vangelo questo loro mettere il «sabato», la tradizione, le norme, al di sopra dell'uomo e della donna. È in contrasto col messaggio di Gesù la loro opposizione al riconoscimento pubblico di qualsiasi forma di unione, come quelle previste dai Dico, che non sono affatto contro il matrimonio ma sono basate su valori universali più ampi: la solidarietà, l'amore responsabile, il rispetto dell'altro e dell'altra qualunque sia il loro orientamento sessuale.

«Uno dei discepoli gli disse: Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre. Ma Gesù gli rispose: Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti» (Matteo, 8,22).

Non viene forse voglia di dire la stessa cosa nei confronti dei fautori del Family day?

Morti che seppelliscono morti, da lasciare alla loro intransigenza funeraria.

domenica 13 maggio 2007

TENGO FAMIGGHIA...


A quella masnada di anziani sudati e di giovani rancorosi che hanno manifestato a S. Giovanni a favore di un'ipotetica famiglia come se gli altri volessero un mondo di disadattati, di orfani e di anaffettivi dedico un articolo di Vittorio Zucconi dal sito online de "La Repubblica":

http://www.repubblica.it:80/2007/05/sezioni/politica/coppie-di-fatto-8/lasciate-bambini/lasciate-bambini.html

Senza cavalcare un ostentato laicismo o criticare chi ha forti convinzioni religiose ma solo per riflettere.

sabato 12 maggio 2007

I'M LISTENING TO THE RADIO





Fa caldo, c'è il sole, come dicono i fiorentini di lavorare o studiare abbiamo punta voglia e allora solo due consigli per passare in serenità questi giorni pre-estivi.

Un consiglio che vale anche per chi indifessamente non deflette dai propri doveri. Se avete voglia di una pausa che venga allietata da della buona musica vi voglio consigliare un paio di brani non nuovissimi ma, a mio giudizio, semplicemente stupendi.

La mia passione per gli anni '80 mi fa amare alla follia il rifacimento, la cover di una canzone dei Talk Talk, It's my life (1984) che è stata realizzata due anni fa dai No Doubt.

Il video è bellissimo e bellissimo è il look della cantante, Gwen Stefani, una vera dark lady anni '40-anni '50 da protagonista di film o romanzi hard boiled, tipo il Marlowe interpretato da Bogart. Non è un caso che Scorsese l'abbia scelta come l'interprete di Jean Harlow nel film The Aviator che racconta la vicenda del tycoon Howard Hughes:

http://www.youtube.com/watch?v=zEAzxDMYrWU

L'altra canzone è la splendida The sidewinder Sleeps tonight dei Rem, forse la mia preferita del gruppo di Athens. Bello il video e grande come al solito Michael Stipe, una bravura, un fascino, una leadership davvero innata. La bravura di questi ragazzi è davvero sottovalutata, il concerto dell'Olimpico di due anni fa è stato davvero un grande evento: come dire, peccato non esserci.

http://www.youtube.com/watch?v=i0Q-dn6Ba2Y

Veramente da vedere, come sempre grazie a youtube, i duetti dei Rem con Bruce Springsteen nei concerti in favore di Kerry contro Bush, dei pezzi davvero da sballo.

Canzoni fresche che possono aiutarvi a superare questa strana sonnolenza pre-estiva che maliarda ci prende.

Buon ascolto

giovedì 10 maggio 2007

E ALLA FINE ANCHE FEDERER APPLAUDI'



Dalla "Gazzetta dello Sport" di oggi, così scrive Gene Gnocchi:
"Risultati della terza giornata degli Internazionali di Tennis al Foro Italico:
Volandri batte Gasquet 6-4, 6-7, 6-4;
Nadal batte Bracciali 6-4, 6-2;
Roma batte Inter 6-2".
Mentre rinnovo caldamente l'appello per salvare il soldato Robert che ancora da "La Stampa" di oggi così commenta la finale di andata:
"L'esito della prima manche ha ribadito come e quanto la Roma di Totti possa competere con l'Inter esclusivamente nelle sfide dirette, dal sapore intenso ma limitato. In un duello di 38 giornate non c'è gara (...) l'Inter aveva la pancia piena, la Roma aveva ancora un buco nello stomaco, e che buco (...). Guai a prendere per oro colato l'umiliante 6-2 di ieri (...) se i vice campioni hanno allungato le mani sul trofeo, i campioni hanno in pugno molto di più".

sabato 5 maggio 2007

BRAVEHEART


E' stata davvero una pessima settimana per sir Alex Ferguson, l'allenatore del Manchester United scelto dai laburisti come testimonial per le elezioni in Scozia di ieri. Il suo volto doveva contrastare quello di Sean Connery da sempre simpatizzante dell'Snp, i nazionalisti scozzesi veri vincitori della consultazione di ieri, ma evidentemente già la sconfitta in Champions contro il Milan doveva essere preso come un cattivo presagio.
Davvero una brutta uscita di scena per Tony Blair che dopo dieci anni di dominio incontrastato si prepara a lasciare al successore designato, lo scozzese Gordon Brown, un partito asfittico ed un paese insicuro ed incerto.
Nonostante quel che dice il leader indipendentista Alex Salmond è molto difficile che nel 2010 sia indetto un referendum per separare la Scozia dall'Inghilterra ma, il contemporaneo avanzamento, nelle regionali inglesi, dei conservatori guidati dal giovane e pugnace David Cameron rappresenta una severa minaccia al permanere di un laburista al 10 di Downing Street.
Non tutto è perduto però perchè come ha efficacemente spiegato quest'oggi Jonathan Freedland dalle colonne di The Guardian
"People are tired of Labour, most certainly; and they clearly consider today's Conservatives credible and in contention. But that does not add up to the ideological, under-the-surface shift which precedes a change of government".

venerdì 4 maggio 2007

PAP...OCCHIO


Estratti da un articolo di Corrado Formigli, Che diavolo avrà detto mai quel Rivera, in "EPolis" di oggi:
Ma cosa aveva detto il menestrello citofonista Rivera di così sconvolgente da evocare scenari da nuove Br? "Mi dispiace che il Vaticano non abbia concesso i funerali a Welby dopo averli concessi a Pinochet, a Franco, e a uno della banda della Magliana. Del resto Cristo sulla croce, accanto non aveva malati ma ladroni".
Non fa sbellicare dalle risate, ma non è neanche così sgangherata e fuori dal mondo come si affrettano a definirla i sempre più numerosi moderati del marmellatone centrista, una folla indistinta di dichiarazioni scandalizzate che abbracciano i due terzi dell'arco parlamentare e i tre terzi di quello sindacale (...).
Ma se il Papa e i vescovi scelgono di essere in prima fila, di partecipare alla vita pubblica di questo paese, se rivendicano la libertà di intervento diretto, perchè allora prendersela con chi critica pubblicamente il Papa?
Libertà di criticare e immunità dalle critiche? Santità, questo è un pò troppo. E non tiriamo in ballo il terrorismo, almeno per il rispetto delle vittime. I terroristi sparano e uccidono, i comici fanno battute più o meno riuscite.
E poi a dirla tutta, su quella storia di Franco e Pinochet, questo Rivera, c'aveva proprio ragione.