mercoledì 22 ottobre 2008

OKKUPATO



Come si usa dire al commissariato o dai carabinieri, letto e sottoscritto.

Da "La Repubblica" di oggi, l'articolo di Carlo Bonini:

"Ora che è stata accesa la miccia, forse diventerà più difficile capire e distinguere.

E, magari, anche ricordare. Perché persino più che a Milano, Torino, Padova - laboratori storici dell'antagonismo - a Roma, i centri sociali sono stati e rimangono un pezzo significativo della sua storia culturale e politica.

A sinistra, come a destra.

Lo dicono i numeri (almeno una cinquantina le sigle).

Lo dice la geografia della loro distribuzione sul territorio.

Dalla periferia occidentale della città (Portuense, Laurentino, Boccea, Trullo), a quella orientale (Monte Sacro, Nomentano, Portonaccio).

Da Nord (Primavalle, Casalotti), a sud (Cinecittà, Tuscolano, Prenestino, Casilino).

Fino al cuore della città (Colle Oppio, Celio, Esquilino, san Lorenzo, Testaccio, Prati).

Lo dice soprattutto una storia cominciata quattordici anni fa quando i "centri" li contavi sulle dita di due mani e si chiamavano "Brancaleone", "Rialto", "Villaggio Globale". Era il 1994 e un giovanissimo Francesco Rutelli, neosindaco, firmava la delibera di "assegnazione degli spazi sociali".

A Roma, l'antagonismo, nelle sue forme politiche e culturali, diventava un luogo del paesaggio riconosciuto.

La "sinistra" e la "destra" sociali, eredi di una tradizione politica che si era storicamente formata non nella battaglia nelle fabbriche ma in quella per il diritto alla casa e dunque nelle occupazioni di immobili dismessi o semplicemente figli dell'abusivismo edilizio, dichiaravano la loro rinuncia a un progetto di conflitto violento e permanente.

In cambio, ne ottenevano tolleranza amministrativa per gli "spazi occupati di autogestione".

Luoghi di separazione in cui coltivare l'idea di "un altro mondo possibile". I neri di "Casa Pound" e "Foro 753" potevano lavorare affacciati sul Colosseo, mentre i rossi di "Brancaleone", "Rialto", "Villaggio Globale" diventavano da laboratorio teatrale, visivo, musicale "off-off", protagonisti della scena culturale partecipando ai bandi comunali per l'estate romana.


Accusata di "entrismo", di eccessiva contiguità con la politica istituzionale da molti centri del nord-est e del nord-ovest, l'esperienza romana, pur nelle sue differenze e diaspore interne, infilava un sentiero che non l'avrebbe mai ridotta o umiliata a "problema di ordine pubblico".

I "centri", con i loro concerti, le loro birrerie autogestite, i loro spazi di disobbedienza antiproibizionista, si moltiplicavano, costituendosi spesso come unici luoghi di aggregazione sul territorio. Ammortizzatori sociali, "sportelli unici" per immigrati.

I "centri" si facevano rete nei quartieri e "directory" on-line nell'offerta culturale della città. Come in un tamburino per cinema e teatri. Nuove occupazioni, dunque, e nuove sigle. "Astra" (Montesacro), "Esc atelier" (san Lorenzo), "Acrobax project" (all'ex cinodromo di viale Marconi). Solo per citarne alcune.

L'iconografia della birra e del "cannone", del cane da "punkabbestia", come ogni semplificazione, accarezzava solo la superficie di luoghi che, negli anni '90, nella dissoluzione dei partiti, erano rimasti i soli indirizzi riconoscibili della politica per due generazioni di liceali e universitari.

Non lo ignora la destra sociale di Storace e Bontempo.

Ne è consapevole Rifondazione Comunista.

Lo annusa "Forza Nuova" che apre un suo presidio in Prati.

Nunzio D'Erme è il primo consigliere comunale di Rifondazione espresso dai "Centri sociali". Scaricherà un camion di letame di fronte a Palazzo Grazioli, la residenza romana di Silvio Berlusconi, e perderà il treno per un seggio a Strasburgo. Ma la sua esperienza è il segno e in qualche modo l'approdo della via romana alla convivenza e al reciproco riconoscimento di mondi che parlano lingue diverse.

Dentro e fuori l'aula consiliare Giulio Cesare. E' il compromesso che consente a Veltroni sindaco di inaugurare le notti bianche mentre i centri espongono uno striscione che ricorda in Campidoglio "le notti bianche del precariato".

Di celebrare le iniziative per ricordare i Mattei, di intitolare una strada a Paolo Di Nella (attivista di destra ucciso a sprangate nel 1983), senza che questo incendi, al di là delle parole, l'area antagonista.

Di trovare un luogo ai neri di "Foro 753", costretti a lasciare il Celio per far posto a un asilo, in cambio di una mediazione continua con Enti Pubblici e privati che impedisca lo sgombero delle "occupazioni di sinistra".

I Centri, insomma, avrebbero continuato a parlare la loro lingua e non avrebbero abbandonato il cuore della loro battaglia politica.

Quella per l'emergenza degli alloggi.

Sullo scranno di D'Erme, nelle ultime elezioni comunali di aprile, sarebbe salito Andrea Alzetta, detto "Tarzan", di "Action".

A Monte Sacro si sarebbe tornato ad occupare.

Ieri, dopo 14 anni di assenza di conflitto di strada, lo sgombero dell'"Horus".

E le parole di un preoccupato prefetto di Roma, Carlo Mosca: "Non c'è nessun tipo di pianificazione. Si tratta di un provvedimento del magistrato e quindi siamo dovuti intervenire. In ogni caso, prima bisogna trovare delle soluzioni per sistemare tutte le persone che occupano".

Forse, la via romana all'antagonismo cominciata 14 anni fa non finirà nello spazio di un pomeriggio".

domenica 12 ottobre 2008

DIE ENDE


Solo due settimane fa aveva stravinto le elezioni, solo due settimane dopo la sua folgorante carriera politica ha trovato un ostacolo insormontabile in una curva bagnata.
Jorg Haider, l'uomo nero, il terrore dell'Europa benpensante ha smesso per sempre di far paura.
La scena politica austriaca non era stata più la stessa da quando l'aitante governatore della Carinzia aveva stravinto le elezioni del 2000 portando uno scossone inatteso nella cloroformizzata vita politica austriaca oramai anestetizzata da un cinquantennio di condominio al potere tra i socialdemocratici e i democristiani. Un successo, bissato dopo un periodo oscuro pochi giorni fa, ottenuto attraverso dichiarazioni poco interessate al politically correct: rivalutazione dell'occupazione nazista, immigrati come problema, lotta alla criminalità. Niente di particolarmente nuovo, un mix tra populismo, xenofobia, ecologia che va molto di moda e che sarebbe sbagliato etichettare semplicisticamente come politica di destra visto che non pochi elettori socialdemocratici della "cintura rossa" viennese non avrebbero fatto fatica a condividere.
Ma, c'era un ma e nemmeno dei più piccoli.
Haider era austriaco e il suo cognome iniziava per H. Come scrive oggi su "La Repubblica" Paolo Rumiz, tutto questo non poteva passare inosservato e nè lasciare indifferenti. Era la stessa Austria dei caffè, della Sacher, di Mozart, la vecchia Felix Austria austroungarica del vecchio Cecco Beppe che coltivava in sè una carica eversiva e affascinante al tempo stesso e che dal suo ventre profondo aveva prodotto un giovane imbianchino di nome Adolf Hitler.
Ancora una volta dal paesaggio di cartolina della Carinzia, al confine fra Italia e Slovenia, era arrivata un'ondata di novità che ci aveva portato a ripensare alle nostre certezze. La destra austriaca, forte di un grande risultato, dovrà capitalizzare questa messe di voti in una situazione quantomai difficile visto il probabile incarico a cancelliere per il leader socialdemocratico.
Ma forse nella notte fredda di Klagenfurt non è morto solo Haider ma il sogno di una ritorno alle radici, ad una purezza etnica che sembrano davvero fuori moda in un'Europa, in un mondo oramai globalizzato.

lunedì 6 ottobre 2008

NERO E NON SOLO


L'Italia si scopre razzista?
Così parrebbe ad osservare i diversi episodi che quasi quotidianamente la cronaca ci offre a proposito di situzioni, di violenze che vedono coinvolti extracomunitari. Non da oggi "l'altro" trova molte difficoltà nel nostro paese, dei muri che, spesso invisibili, impediscono una reale comprensione del mondo che ci sta attorno. Sarà per la crisi economica, per la paura di qualunque persona venga percepito come diverso (anche un semplice tifoso di una squadra avversaria) ma oramai gli episodi sono veramente tanti.
Il problema indubbiamente c'è ma la colpa maggiore spetta alla televisione, alla carta stampata che continuano a pompare una finta emergenza per nascondere le manchevolezze della classe politica, tutta. Non si può non sottolineare come un certo clima si basi anche su una sorta di "sciogliete le righe" data dalla presenza di una maggioranza politica che sullo sfruttamento delle debolezze e dei peggiori istinti ha vinto le elezioni.
Che governi allora ma che non sfrutti le forze dell'ordine (apolitiche e al servizio di tutti) per nascondere le proprie mancanze.
La voglia di sicurezza non può basarsi solo sull'ordine, l'integrazione e il rapporto con l'altro sono la base del nostro vivere sociale.
Che in questi giorni gli unici ad alzare la voce siano state la Chiesa e la comunità di Sant'Egidio la dice lungo su quanto questo paese sia sempre più alla deriva.