venerdì 30 novembre 2007

SPARRING PARTNER


"Ho guardato in fondo al gioco
tutto qui?...ma-sai-
sono un vecchio sparring partner
e non ho visto mai
una calma più tigrata
più segreta di così
prendi il primo pullman, via...
tutto il resto è già poesia..."
Paolo Conte, Sparring Partner, 1984

sabato 17 novembre 2007

KU KLUX KLAN DE' NOANTRI



Su questo blog vi ho spesso parlato della mia stima per Alessandro Portelli, docente di letteratura angloamericana all'università La Sapienza, delegato per la memoria del Comune di Roma ed uno dei massimi esperti di storia orale, di quanto i suoi libri sulle Fosse Ardeatine, sui quartieri romani, sulla storia di Terni o gli affreschi sulla letterarietà dei testi di Bruce Springsteen mi abbiano sempre colpito.

Ebbene il prof. Portelli ha un blog nel quale, mentre io compivo 30 anni, esponeva lucidamente il suo punto di vista sull'emergenza sicurezza che tanto stimore sta spargendo per il paese. Anche io non ne sono immune, mi sto ponendo molte domande sull'atteggiamento da tenere su queste tematiche ma le parole di Portelli pongono un primo step davanti al quale dobbiamo obbligatoriamente fermarci:

"Nella sua autobiografia, Black Boy, Richard Wright ricorda la paura con cui cresceva un ragazzo nero nel Sud razzista degli Stati Uniti: ogni volta che succedeva qualche cosa, scrive, “non era un crimine commesso da un nero, ma dai neri.”

Tutti i neri erano colpevoli, qualunque nero andava punito, e la forma della punizione era il linciaggio.

Ai linciaggi ci siamo arrivati.

Il delitto di Tor di Quinto non è stato commesso da un rumeno, ma dai rumeni, e dieci cittadini italiani purosangue, con coltelli e bastoni, e incappucciati come il Ku Klux Klan, fanno giustizia a Tor Bella Monaca. Ed è inutile condannare queste cose a posteriori, bisogna pensarci prima alle conseguenze di certi discorsi.

Ma è ben avviato sulla strada della punizione collettiva, a colpevoli e innocenti indiscriminatamente, anche lo sbaraccamento del campo di Tor di Quinto; è una punizione collettiva e preventiva il “trasferimento” dei rom oltre il raccordo anulare, spostare il problema un po’ più in là, come la polvere sotto il tappeto.Perché è vero che il problema esiste, non nascondiamoci dietro un dito.

L’associazione che gestisce un campo sportivo accanto al terreno di Tor di Quinto da anni denunciava furti continui, scriveva al sindaco e non riceveva risposta.

La Romania (ma non era l’Albania, fino a qualche mese fa?) europea e democratica liberatasi dal comunismo non ci ha mandato soltanto il meglio di sé, come d’altronde l’Italia dell’emigrazione non ha mandato e non manda soltanto il meglio di sé in America o in Germania. Le migrazioni sono fiumi che si portano appresso anche un sacco di detriti, e non c’è diga che tenga. Ed è vero che la sicurezza è un requisito importante della vita civile, un diritto democratico: di che altro parlavano le donne che, almeno trent’anni fa, prima che ci fossero albanesi o rumeni a Roma, manifestavano con lo slogan “riprendiamoci la notte”?

Ha detto il segretario del Partito Democratico che la sicurezza non è né di destra né di sinistra.

Giusto.

Però sono di destra o di sinistra le definizioni che ne diamo, e le risposte che proponiamo. Tutte e tutti abbiamo il diritto di uscire da una stazione di sera senza avere paura; ma tutte e tutti abbiamo anche il diritto di non essere ammazzati in carcere a Perugia o a Ferrara, di manifestare senza finire torturati a Bolzaneto. Certo, per le persone ordinarie il rischio di strada è più immediato e concreto del rischio in carcere o in piazza; ma c’è uno scivolamento pericoloso, quando lo stato che chiamiamo a garantirci la sicurezza dai crimini dei marginali si considera al di sopra delle leggi e delle inchieste. Tanto che uno esita prima di dire che, in certi luoghi e in certi tempi, prima che i delitti avvengano, ci vorrebbe più polizia (polizia, dico: non vigilantes privati).

Io non so se sarebbe stato di destra o di sinistra illuminare meglio quella strada e quella stazione (quelle stazioni: io e la mia famiglia frequentavamo quella successiva, a Grottarossa, e avevamo paura di scendere la sera, anche se non c’erano ancora rumeni nei dintorni). Fra l’altro, sono convinto che l’abbandono è anche conseguenza (di destra o di sinistra?) della rinuncia a fare delle ferrovie urbane una seria alternativa al feticcio automobile, ma questa è anche un’altra storia. E non so se sarebbe di destra o di sinistra accorgersi prima che sia troppo tardi delle condizioni criminogene in cui vivono migliaia di nostri concittadini europei, e fare qualcosa per i diritti umani di quella maggioranza di loro che non è venuta qui per delinquere.

Anche loro hanno diritto alla sicurezza.

Dopo il linciaggio di Tor Bella Monaca, il ministro degli interni Amato dice, “è quello che temevo”; il prefetto di Roma Mosca dice, “era quello che temevamo.” Bene: che cosa avete fatto per prevenirlo?E poi, ovviamente, la punizione ci vuole: personale e col dovuto processo di legge, non collettiva e vendicativa; ma ci vuole.

Stavolta, anche grazie all’aiuto di una donna del campo, il colpevole è già in prigione e sconterà la giusta pena, con la dovuta certezza.

Ma gridare al “pugno duro” è infantile e strumentale. S

appiamo benissimo, e se ne stanno accorgendo persino gli Stati Uniti, che nemmeno la pena di morte fa veramente da deterrente alla criminalità. Inseguire la destra sul piano della repressione è come la corsa di Achille e la tartaruga: loro stanno sempre un po’ più in là, un po’ oltre. Più parliamo il loro linguaggio, più facciamo propaganda alle loro idee, più gli prepariamo la rivincita.

Se non vogliamo ritrovarci, come da più parti già si annuncia, con Fini sindaco di Roma, proviamo a fare nostre le sagge e preoccupate parole di Stefano Rodotà: “Serve davvero, con ‘necessità e urgenza’, un’altra forma di tolleranza zero. Quella contro chi parla di ‘bestie’ o invoca metodi nazisti. Non è questione di norme. Bisogna chiudere la ‘fabbrica della paura’. E’ il compito di una politica degna di questo nome, di una cultura civile di cui è sempre più arduo ritrovare le tracce.”

domenica 4 novembre 2007

RO...MANIA

Questo è il paese delle mode e ora dagli al rumeno, tutto ciò che accade deve essere ricondotto al paese di Dracula.
L'efferato omicidio della signora Giovanna a Tor di Quinto ha smosso coscienze, svegliato anime dormenti e scatenato dotti dibattiti.
Anche il mondo del calcio, non sempre sulla notizia, è stato toccato dall'evento.

Emittenti radiofoniche che quotidianamente raccolgono perfino i sospiri dei calciatori di Roma e Lazio con ascoltatori che conoscono il colore delle mutande di Mexes o il buco del calzino di Rocchi, hanno messo in secondo piano il risultato del derby per discorrere del problema immigrazione.

Risultati, mah!

Tra una richiesta di pena di morte e la riapertura dei forni crematori ci sono due perle. A Radio 6, nel programma condotto da Alessio Buzzanca e "D'Artagnan" Pantano, c'è un intervento di Guido Paglia (capo relazioni esterne Rai, ex capo ufficio stampa della Lazio, ex inviato de "Il Giornale", non indifferente al fascino di An) che così recita "Sono contento che il governo stia cacciando tutti i rom-anisti" (Cfr. articolo di Stefano Pacifici su Il Romanista di ieri).

E, per capire quanto le parole di Paglia crescano in un humus culturale diffuso, ieri sera durante Lazio-Fiorentina di campionato, Adrian Mutu è stato insultato con cori quali "zingaro rumeno di merda", aspettiamo squalifica dell'Olimpico please...


Fiduciosi che purtroppo oggi altre tifoserie (Roma compresa) diranno la loro su questi argomenti con la stessa linearità e profondità degli esempi succitati direi: se vi interessa vedere quanti centimetri un giocatore è in fuorigioco o perchè un allenatore si fissa con un modulo perchè non parlate di questo?
E prendete esempio dalla cerimonia funebre ecumenica di ieri (la signora Giovanna era valdese) nella quale non sono mai risuonate parole di vendetta.

E a Fini, Casini, Alemanno ieri presenti in chiesa per speculare sul dolore altrui chiedo di guardarsi nella loro intima coscienza. Con che coraggio si prega quando poi le loro parole di tutti i gioerni rappresentano la stura e/o la giustificazione di raid squadristici come quelli di qualche giorno fa?

Neanche di fronte alla morte si acquista un pò di dignità, che pena...

giovedì 1 novembre 2007

QUELLI CHE...





Quelli che Vucinic è 'na pippa...

Quelli che "amo comparato l'unico slavo bbono"

Quelli che senza Totti non si vince

Quelli che il Milan è una squadra de' vecchi

Quelli che la Lazio sì che gioca bene

Quelli che Delio Rossi, si che è un signore

E Calciopoli, e le sue telefonate per ammorbidire il Lecce?

E Zauri, Zauri, Luciano Zauri da Città S. Angelo, capitano laziale che come risponde ad una battuta di Totti, "Lo scudetto si vince con le piccole"?

"Totti ha mostrato ancora una volta di essere poco intelligente".

Un minuto di raccoglimento per lui...