lunedì 30 aprile 2007

MAMMA LI TURCHI



Nella giornata di ieri, sotto un caldissimo sole, un milione di persone ha sfilato per le strade di Istanbul con l'obiettivo di rivendicare la propria fede nella democrazia scossa dagli avvenimenti di questi ultimi giorni.

Il parlamento di Ankara sta votando per l'elezione del presidente della repubblica, carica per la quale esiste, sino ad ora, un'unica candidatura, quella di Abdullah Gul, ministro degli esteri dell'attuale governo ed esponente di spicco del partito islamico moderato Akp al potere. Candidatura che, nonostante la maggioranza assoluta del partito, le opposizioni di destra e di sinistra sono riuscite, sino ad ora, a bloccare.

La preoccupazione dei manifestanti è quella d'impedire che il partito islamico possa detenere tutte le leve del potere (è un islamico anche il primo ministro Erdogan, quello che scelse Berlusconi quale testimone di nozze della figlia) e portare, seppur in maniera morbida, il paese verso una deriva iraniana.

Per scongiurare tale pericolo sono scese in campo le forze armate da sempre custodi della laicità dello stato che hanno, seppur velatamente, fatto intendere che non sarebbero rimaste indifferenti di fronte alla prospettiva di un capo dello stato dichiaratamente islamico. Dal 1960 più volte l'esercito non ha esitato a prendere il potere in nome talvolta di una difesa della laicità o talaltra di troppa morbidezza verso il pericolo di sovversione comunista.

I manifestanti di ieri sono scesi in campo invocando allora una terza via, "nè golpe e nè sharia", chiedendo a Gul di ritirarsi ed ai generali di rimanere al loro posto, nelle caserme, anche se forse la soluzione della crisi istituzionale non sarà così facile. Sono troppe infatti le variabili sul campo.

C'è un partito democraticamente eletto che, senza forzare i vincoli della costituzione, sta legittimamente esercitando il proprio compito con, peraltro, ottimi risultati, anche dal punto di vista economico.

C'è la preoccupazione dei militari a cui la costituzione affida il compito di vigilare sulla laicità dello stato e che rappresentano uno degli eserciti meglio armati e più importanti dell'intera Alleanza atlantica.

C'è l'opinione pubblica turca che assiste, con il fiato in gola, ai lenti ma significativi passi in avanti fatti dal paese per divenire uno stato di diritto a tutti gli effetti ed ottenere la tanto agognata ammissione all'Unione Europea.

E ci siamo noi, Europa tutta, stretti tra il solito dilemma che si pose anche in occasione dell'invalidamento delle elezioni algerine del 1992 vinte dagli islamici del Fis.

Quant'è piccolo il crinale che separa il rispetto della democrazia dai timori che gli stessi vincitori potrebbero usufruire dello strumento elettorale per distruggere la democrazia stessa? Il tutto in un quadro geopolitico veramente importante e complicato: la Turchia confina con Iran, Iraq e Siria, ma ha ottimi rapporti con Israele e Stati Uniti.

E' chiaro che quello che succederà in questi giorni sulle rive del Bosforo non potrà non avere una rilevanza mondiale e rappresentare una lezione per il futuro.

sabato 28 aprile 2007

OCA...VOLO


Questo post è un pò qualunquista, lo ammetto, ma d'altra parte la notizia è alquanto bizzarra.
In prima pagina su "La Repubblica" di ieri il corrispondente dagli Usa, Mario Calabresi, ci relaziona su una nuova crociata animalista, i movimenti ambientalisti hanno detto basta al foie gras ed in particolare al metodo utilizzato per produrlo. Ovvero infilare un tubo in gola alle oche per farle mangiare a ritmo continuo nelle ultime due o tre settimane di vita così da creare un fegato ridimensionato.
Molti negozi e ristoranti degli Stati Uniti hanno scelto quindi di metterlo al bando dai menu o dai prodotti da vendere tanto da aver spinto alcuni produttori a ricercare metodi diversi e meno invasivi come quello di vendere fegati ingrassati naturalmente utilizzando animali che si abbuffano da soli anche se il sapore ne risente in maniera sensibile.
C'è poi chi ha scelto di utilizzareuna macchina con i cannelli di gomma soffice che non fa soffrire le bestie anche se sembra impossibile produrre fegato grasso senza forzare l'alimentazione. Il foie gras è solo uno dei molti esempi su un approccio soft e salutista all'alimentazione, la più grande catena di supermercati biologici, Whole Foods, ha deciso di non vendere più aragoste vive e Burger King ha annunciato che comincerà a comprare polli e uova solo da produttori che non tengono gli animali nelle gabbiette e che li stordiscono con i gas prima di macellarli.
Riflessione che ha colpito anche le aragoste, si sperimentano nuove tecnologie per eliminare il sistema nervoso prima della cottura fino all'utilizzo di una gigantesca macchina militare che, con una pressione cinque volte superiore a quella dell'acqua nelle profondità oceaniche, uccide istantaneamente le aragoste e separa la carne dal guscio.
Tutto bello e tutto giusto ma mi chiedo se questi pensieri non si debbano sviluppare per ogni genere di animale che ci troviamo a mangiare giornalmente.
L'unica soluzione è divenire vegetariani o vegani?
Non sarà che questo amore incondizionato per gli animali nasconde una certa indifferenza che invece proviamo per il prossimo?
Come collegare simili ricerche per alleviare le sofferenze degli animali ad un disprezzo per la vita umana portato avanti da alcuni provvedimenti dell'amministrazione Bush o da avvenimenti come il massacro della Virginia Tech?
Come scrive giustamente Calabresi,
"la battaglia è culturale e, in nome del politicamente corretto applicato agli animali, cancellerà una piccola produzione di nicchia. La grande macchina degli hamburger per ora continua a lavorare tranquilla, forte del fatto che se ne mangiano cinque miliardi ogni anno".
Insomma, se vogliono farci venire i sensi di colpa anche davanti alla tavola, con me non ci riusciranno.
Buon appetito

venerdì 27 aprile 2007

NORD



Quando la tv pubblica ci mostra che la qualità fa ancora parte di queste latitudini.

Ieri sera è andato in onda, alle 00.20 su Raidue, la prima di una serie di puntate di "Giù al Nord", un programma ideato e condotto da Edmondo Berselli, scrittore, direttore della rivista culturale "il Mulino" ed editorialista di punta de "La Repubblica" e de "L'Espresso".

Nei 50 minuti settimanali la trasmissione cerca di studiare la cosiddetta "questione settentrionale" da un'ottica diversa: non si va nel solito Nordest, non si intervistano imprenditori critici verso Roma o leghisti di verde vestito. Bando ai sociologismi, alle analisi dotte, alle interviste a professoroni, sindaci od assessori critici del sistema ma, nello stesso tempo, desiderosi di scendere a Roma e di sostituire quelle stesse persone così criticate.

Si studia il Nord attraverso i ritratti di alcuni figli dell'Italia settentrionale che tanto lustro hanno portato al nostro paese e attraverso questi scrivere una storia parallela dell'ultimo cinquantennio.

Ieri sera è toccato ad un doppio ritratto di Mina e Celentano, due coetanei, una di Cremona e uno di Milano, visto alla luce dello scoppio del boom economico.

Due caratteri diversissimi ma due stili simili: nuovi, freschi rispetto alla sonnolenta Italia degli anni '50. Il Festival fu improvvisamente scosso da due scosse telluriche, due canzoni anarchiche.

I "24.000 baci" di Adriano:

" Niente bugie meravigliose

frasi d'amore appassionate

ma solo baci che do a te.. "

La "Tintarella di luna" di Mina:

"Tintarella di luna,

Tintarella color latte

Tutta notte sopra il tetto

Sopra il tetto come i gatti

e se c'é la luna piena tu diventi candida".

Il tutto condito da immagini di repertorio, vecchie interviste ed il commento del regista Ermanno Olmi.

Resta il dubbio di capire perchè programmi geniali, che non costano nulla ma molto insegnano debbano andare in onda assieme a Marzullo.

Quando però si scopre che il mercoledì sera, ad esempio, su Raidue va in onda "La sposa perfetta", un reality condotto da Cesare Cadeo e Roberta Lanfranchi, programma di punta della rete assieme a "L'Italia sul Due", "Ricomincio da qui" di Alda D'Eusanio e all' "Isola dei famosi",

come diceva il principe De Curtis, il grande Totò?

"E' la somma che fa il totale...".

mercoledì 25 aprile 2007

LA MER



" E la chiamano Liberazione questa giornata senza morti..." (Antonello Venditti).

A 62 anni dalla Liberazione del paese dall'occupazione nazista e dei fascisti loro complici mi piace ricordare questo avvenimento suggerendovi un piccolo volume che, se vorrete, potrà riportarvi a quelle atmosfere.

Voglio però evitare di tracciare sentieri conosciuti e di consigliarvi le classiche letture dei libri di Beppe Fenoglio, Cesare Pavese, Renata Viganò o la raccolta delle lettere dei condannati a morte. Invitandovi comunque a leggerli, dovrebbero essere infatti il pane quotidiano di ogni buon democratico, vi voglio portare in Francia, nel 1941, quando il paese è sotto il giogo dell'occupazione tedesca.

E'in quei giorni che è ambientato il romanzo che vi voglio consigliare, Il silenzio del mare, edito da Einaudi.

E' la storia di una famiglia, zio e nipote, che vivono in una casa della Francia centrale al momento dell'invasione tedesca. La loro bella casa diviene così l'abitazione dell'ufficiale Werner von Ebrennac, un tedesco colto, gentile e amante della musica che tenterà, in ogni modo, di instaurare un rapporto cordiale con i padroni di casa.

Ma in cambio riceverà solo un lungo e sprezzante silenzio.

Ogni sera la stessa scena: il tedesco tornava a casa e trovava i due in poltrona davanti al camino fumante, lo zio fumava la pipa e la nipote lavorava a maglia, gli raccontava la propria giornata concludendo sempre con il medesimo "Vi auguro la buonanotte".

Da parte loro mai una parola, silenzio assoluto.

Von Ebrennac, da parte sua, non perdeva occasione per magnificare la grandezza della cultura francese, la bellezza del carattere e dell'orgoglio dei francesi sostenendo che la guerra altro non era che un semplice accidente e che, a conflitto finito, i due paesi sarebbero stati amici leali.

Tutti i giorni la stessa, medesima scena con la stessa, medesima reazione da parte dei padroni di casa.

Ma, soprattutto lo zio cominciava però a cedere, a chiedersi se dietro la dura scorza del tedesco invasore non si nacondesse in realtà un uomo normale e gentile.

Finchè una sera, dopo un'assenza di un paio di settimane per una missione a Parigi, il tedesco non tornò a casa stanco e trasfigurato.

Le sue illusioni, le sue certezze erano andate in fumo. Avendo partecipato a delle riunioni in alto loco aveva capito che i comandi tedeschi, dietro l'apparente normalità, avevano intenzione di rendere la Francia nient'altro che una terra di concquista, di razziarla e di compiere stragi sanguinose.

E la cooperazione, l'amicizia franco-tedesca in nome della musica, della poesia, della letteratura? Nient'altro che carta straccia.

Di fronte a questo l'ufficiale decide di farsi trasferire immediatamente sul fronte orientale esprimendo tutto il suo sdegno in un ultimo, memorabile monologo di fronte ai due silenti.

Ma questa volta lo zio, voce narrante, capisce che la nipote, forse segretamente attratta dal tedesco, con le vene pulsanti e tremanti espresse, all' "Addio" di Von Ebrennac, il suo, personale, tenue e flebile "Addio" rendendogli più dolce la strada verso il freddo Est ed una sicura morte.

51 pagine che scorrono lente ma appassionanti, increspate come un'onda del mare e che testimoniano il valore di una Resistenza diversa ma ugualmente forte di fronte alle crudezze della guerra senza tralasciare l'aspetto umano che tutto può abbattere, perfino le barriere artificiose poste dagli accidenti della storia.

L'autore di questo gioiellino si chiama Vercors, pseudonimo di Jean Bruller (1902-1991), nato come disegnatore, scrittore per caso, partigiano e fondatore delle Editions de Minuit, una delle principali case editrici d'oltralpe e devo ringraziare Nanni per avermelo regalato.

Se vi piacesse il libro potreste dare uno sguardo anche a Suite francese di Irène Némirovsky, ed. Adelphi, splendido affresco sulla Francia occupata dai nazisti e composto di due racconti. Il secondo, Dolce, racconta la passione di una giovane moglie di un prigioniero di guerra per un tedesco ospite della propria casa nella quale vive con la perfida suocera che, anch'essa, ha scelto la strada del silenzio e del disprezzo nei confronti di coloro che hanno invaso il suo paese ed in subordine, la sua casa.

Trame simili per due bellissimi libri da ascoltare con una degna colonna sonora: La mer di Charles Trenet.

Scritta nel 1942 dallo stesso Trenet e che pare, nonostante il suo autore abbia sempre rifiutato qualunque eichetta politica, si riferisca alla Francia occupata e collaborazionista dei tedeschi , per fuffire dalla quale vede nel calmo mare un'onda, un sussulto di libertà.

Questo è il video della canzone : http://www.youtube.com/watch?v=fd_nopTFuZA

e questo è il testo:

La mer qu'on voit danser

Le long des golfes clairs

A des reflets d'argent La mer

des reflets changeants Sous la pluie

La mer au ciel d'été

Confond ses blancs moutons

Avec les anges si purs

La mer bergère d'azur Infinie
Voyez près des étangs Ces grands roseaux mouillés

Voyez ces oiseaux blancs

Et ces maisons rouillées
La mer les a bercés Le long des golfes clairs

Et d'une chanson d'amour
La mer a bercé mon coeur

Pour la vie

E comunque, il 25 aprile non è una ricorrenza, ora e sempre Resistenza!

martedì 24 aprile 2007

IF...

Da un articolo di Silvia Scotti su "La Repubblica" di ieri:


Per chi pensa che l'occasione sia stata sprecata, perchè quando mai ricapiterà un campionato senza la Juventus e con il Milan che si autoelimina dalla corsa scudetto.

Per chi, vedendo Piazza del Duomo e le bandiere che sventolano con la scritta 15 pensava al Circo Massimo con le bandiere col numero 4.

Per chi mercoledì scorso soto sotto ha sussurrato "non si sa mai".

Per chi ha fatto i calcoli e ha detto "siamo in vantaggio con lo scontro diretto".

Per chi al goal di Doni ha avuto un morso allo stomaco.

Per chi al goal di Zampagna ha sentito un vuoto che non sapeva spiegarsi.

Per chi ha pensato 13 punti cosa vuoi che siano.

Per chi ha sognato, nonostante tutto, di cantare siamo noi siamo noi i campioni dell'Italia siamo noi.

Per chi ha ripensato ad Ascoli, al Chievo, Messina e Livorno.

Per chi non vuol fare i complimenti all'Inter.

Per chi ha capito che neanche Spalletti voleva farli.

Per chi ha spento il televisore per non sentire i commenti degli interisti.

Per tutti quelli che sapevano che ormai lo scudetto non sarebbe più arrivato, ma che i miracoli non sono solo quelli dei pani e dei pesci.

Per tutti quelli che adesso dicono avete vinto lo scudetto lasciateci la coppa Italia.

Per tutti quelli che hanno pensato tutto questo, un promemoria:

Cassetti e Ferrari sono squalificati e domenica prossima c'è il derby.

lunedì 23 aprile 2007

SARKO-SEGO, A' VOUS!



Un paese che si è appropriato del suo destino. Doveva essere la vittoria dell'antipolitica, dei qualunquisti stanchi della destra e della sinistra, del fantasma di Le Pen o del terzo incomodo, Bayrou.
E invece l'elettorato francese ha smentito cattive cassandre ed ha spedito al ballottaggio per l'Eliseo due rappresentanti di due partiti tanto cari ai cittadini dell' "exagone": il gollista Sarkozy e la socialista Royal.
Il primo ha concluso quella cavalcata trionfale già prevista dai sondaggi, la seconda, 5 anni ed un giorno dopo, ha fatto riappropiare la sinistra del suo passato e mettere in un cassetto la sconfitta di Jospin ad opera del razzista Le Pen.
Sarkozy ha ottenuto poco più del 31%, la Royal poco meno del 26, il ballottaggio sembra segnato da una conferma della leadership del candidato di destra ma chiunque vincerà porterà con sè l'idea di una politica nuova.
L'addio di Chirac segna il definitivo addio ad una certa idea della Francia, al ricordo del generale De Gaulle e di Mitterand. La stessa sconfitta di Jean Marie Le Pen rappresenta, forse, la parola fine alla parabola dell'ex parà e del suo progetto politico che sconta, indubbiamente, le difficoltà di un sistema elettorale che tritura chiunque voglia opporsi al bipolarismo nato dalla Quinta repubblica e tanto più se si fa aedo di un' ideologia reazionaria e violenta.
Nicolas Sarkozy sembra avere dunque il vento in poppa nonostante la Royal possa contare sui voti della galassia di sinistra che si era presentata separata all'appuntamento con le urne, ma sembra difficile ipotizzare che il candidato che ha ottenuto la percentuale di voti più alta dal 1958 ad oggi possa sgonfiarsi.
Al di là del destino del 18% dei voti di Bayrou, tipico caso di bolla mediatica creata ad arte trattandosi di un vecchio arnese della politica francese che ha sempre partecipato ai governi di centro destra, la Royal può sperare solo sull'effetto TSS (tutti tranne Sarkozy), quello che ha permesso a Prodi di battere Berlusconi unendo un fronte da Mastella a Bertinotti.
Conviene alla Francia avere un futuro presidente prono a Bush e che non ha saputo far di meglio che definire racaille (feccia) coloro che protestavano di fronte alle condizioni delle banlieues francesi?
Probabilmente si perchè, diversamente dal passato, la messe di voti giunta al candidato gollista ha smentito la tradizione degli elettori francesi sempre pronti a bocciare i governi in carica.
E Sarkozy è stato ministro delle finanze prima e ministro dell'interno dopo, degli ultimi governi di destra che hanno amministrato la Francia con la benedizione del suo ex padre putativo Chirac.
A Ségolène Royal dunque, il compito di realizzare l'ultimo colpo d'ala di una tornata elettorale che ha restituito alla Francia il piacere della normalità.

sabato 21 aprile 2007

VITE ALLO SPECCHIO


http://www.youtube.com/watch?v=XSBAMIkigUE

Da un articolo di Furio Zara sul "Corriere dello Sport" di venerdi 20 aprile:

Sono le sei e mezza di una mattina di maggio del 1999 quando la Pulce si sveglia, prepara la cartella, guarda dalla finestra la sua città - Rosario- e mentre fa colazione pensa: « Sono trop­po piccolo ». Non se ne fa una colpa, pe­rò ne soffre.

Nello stesso istante - le sei e mezza di una mattina di maggio del 1999 - il Re si addormenta, sfinito, su un divano sfondato, gonfio e graffiato da troppi vizi, da qualche parte in Ar­gentina circondato da califfi e fanciul­le sciupate e per un attimo, uno soltan­to, pensa: « Sono troppo grasso » . Non se ne fa una colpa, e chissà se - più che sofferenza - il suo non sia il piacere nero di chi si lascia an­dare fino alla fi­ne, e magari un po' più in là.

Lionel Andrès Messi, Diego Armando Mara­dona: vite parallele di due geni sinistri baciati dal talento.

La « Pulce » Messi nasce il 24 giugno del 1987, all’epoca Maradona ha 27 anni, e festeggia pure lui una nascita: quella della figlia, l’amata Dalma Nerea, avuta dalla don­na della sua vita, Claudia Villafane, che sposerà due anni dopo con uno smoking stretto sulle spalle e i piedi morsi dai mocassini, che « avevo voglia di togliermeli e calciare un pallone » , dirà più tardi. Un mese prima - è il 5 maggio - Maradona ha regalato a Na­poli il primo scudetto della sua storia. L’anno prima ha appena vinto - da so­lo - il Mondiale in Argentina, è il Re del Mondo: « Oh mamma mamma mamma, sai perché mi batte il cora­zon: ho visto Maradona, ho visto Mara­dona, ehi mammà innamorato son ».

E’ verosimile che la notte del 29 giugno del 1986, quando Maradona alza la Coppa a Città del Messico, gli sguardi del signor e della signora Messi si in­crocino nel punto esatto dove nasce l’idea di fare un figlio.Il 30 ottobre del 1997 Maradona si ritira dal calcio, è il giorno del suo 38 ° compleanno. Messi ha dieci anni, a scuola lo prendono in giro perché è basso, lui reagisce con un tic che si porterà dietro a lungo: si tocca in con­tinuazione i capelli, che lascia cresce­re lunghi e lisci, fin quasi alle spalle.Colpi di cuore, quelli decidono il destino dei due talenti: il bambino che non sapeva cresce­re e l’uomo che non sa­peva invecchiare.

4 gennaio del 2000, Punta del Este, Uruguay: Ma­radona viene colpito da un attacco cardiaco do­vuto al consumo di cocaina, lo portano d’urgenza in ospedale, si rimette, si fa rivedere in tivù - mesi dopo - a Cuba, con il tatuaggio di Che Guevara sul­l’avambraccio, mentre passeggia con Fidel Castro: due reduci, con molta storia addosso. Negli stessi giorni in cui Maradona sta per morire, Messi comincia a pensare a una vita nuova. C’è che Lionel è troppo piccolo, i dot­tori parlano di una forma di nanismo, dicono che serve l’ormone della cre­scita, c’è che « La Pulce » ha bisogno di cure. Gliele offre il Barcellona, che pa­ga le cure e lo mette sotto contratto. Così i Messi partono, meta la Spagna.

Lionel Messi ha tredici anni e una vita davanti. Diego Armando Maradona ha quarant’anni e un paio di vite alle spal­le. Pesi, altezze, numeri: Maradona ­fumo, alcol, cocaina, cibo - arriva a centocinquanta chili, e non sembra un’impresa: la sua è una vita da pren­dere a morsi. Fango, oro e polvere: il Re è nudo, sdrucito di ricordi, con le borse sotto agli occhi, e lo sguardo sempre altrove. Messi arriva a un me­tro e sessantacinque centimetri, ed è solo un’impresa.

E’ l’estate del 2005 quando Messi si rivela al mondo ai Mondiali Under 20 dell’Olanda. E’ l’estate del 2005 quando Maradona si rivela per quello che è: un uomo che ha molto vissuto, molto si è dato, molto ha sbagliato. Lo fa in diretta televi­siva, lacrime, sudore e cerone a confondersi nei primi piani, lo fa nella tra­smissione « La Noche del 10 » spostando la sua vita, con una finta come ai bei tem­pi, dalla realtà al reality. E’ durante la trasmissione che avviene l’inconora­zione. « Messi è il mio erede », dice il Re puntando il dito tozzo sul telescherno dove scorrono le magie della « Pulce » .

Poi sarà solo vita, o qualcosa di me­no: barelle, lettini d’ospedale, flebo e preghiere per il « Re » , sempre più sfatto, sempre più triste, solitario y final. Poi sarà solo vita, o qualcosa di più: campi verdi, dribbling e stelle fi­lanti per la « Pulce » .

Sempre più pe­sante, Maradona. Sempre più legge­ro, Messi. Vita in te ci credo: uno ha smesso di pensarlo, l’altro ha comin­ciato a capirlo.

giovedì 19 aprile 2007

SALVATE IL SOLDATO ROBERT...


Ore 7, 30, esco, vado da Alessio, il mio giornalaio di fiducia, per comprare i giornali. Il mio quotidiano preferito, "La Repubblica", non c'è ed allora compro "La Stampa".
Vado, golosamente nelle pagine sportive per leggere il punto dell'opinionista sportivo di punta del giornale di Torino, Roberto Beccantini, ma con mio sommo dispiacere non lo trovo. Non saprò mai il suo parere sulla partita della Roma contro l'Inter, sul "Pupone" mai decisivo e su una squadra mai matura, lui che inviato felice a Manchester assieme al suo fido scudiero Massimiliano Nerozzi si era stropicciato gli occhi di fronte alla superiorità dei Red Devils.
Però c'è comunque l'ottimo Marco Ansaldo, cuore bianconero intristito e inviato a S. Siro, che, indeciso tra la gioia per l'ennesima figuraccia dell'Inter ed il malcelato fastidio per l'ottima prova della squadra giallorossa, tira fuori ugualmente queste perle.
Cosa fanno gli undici giallorossi dopo il rigore inventato da Trefoloni? Ma chiaro, "si attorcigliano nel rancore per l'ingiustizia subita" mentre Mexes "salterà la prossima partita come Pizarro e Mancini tutti diffidati e ammoniti: ai tempi della Juve di Moggi si sarebbe pensato al complotto".
Quando, comunque soddisfatto anche se deluso per non aver letto il mio idolo Beccantini, sto per richiudere il giornale, toh!, a pagina 5 c'è la nemesi.
Ricomposta la coppia di Manchester, Nerozzi inviato a Cardiff (la cui profondità di pensiero avete potuto apprezzare grazie al mio amico Nanni nella risposta al mio post Tie Break nell'analisi della partita di Totti) per raccontare il fallimento della candidatura agli Europei e Beccantini a commentare il tutto con un articolo fermo e indignato, La somma di troppe indecenze.
Al di là di ogni commento scaramantico su quanto la suddetta coppia porti bene, di chi è la colpa della vittoria di Polonia ed Ucraina? Ma di Matarrese e della Melandri, "una mina vagante e una ministra riscaldata", "siamo stati antipatici, sbruffoni e monotoni", non una sola parola su Calciopoli e Moggi.
Ma d'altra parte come non ricordare lo juventino Beccantini ospite quasi fisso nella scorsa edizione della Domenica Sportiva assieme allo juventino Tony Damascelli de "Il Giornale" (sospeso a tempo indeterminato dal quotidiano nel quale lavorava per il suo coinvolgimento in Moggiopoli) sotto il vigile sguardo di Marco Mazzocchi, ridere con lo stesso Moggi mentre sherzavano e deridevano i Sensi e la realtà giallorossa tutta.
Però non crediate che Beccantini cada nella demagogia o nel qualunquismo più becero perchè, alla fine, una ragione c'è se l'Italia non organizzerà gli europei del 2012 e lui la scrive chiara e tonda, senza peli sulla lingua "siamo stati presuntuosi come la Roma di Manchester".
Ah, ecco...
P. S: la vittoria di ieri la voglio dedicare al nostro uomo a Milano, al nostro fratello giallorosso portafortuna imbucato nella capitale lombarda:
Alberto, resisti!!!

mercoledì 18 aprile 2007

BAD DAY


Dove eravamo rimasti?

Sembra sempre di riprendere un vecchio libro abbandonato sul comodino quando si parla della facilità con la quale negli Stati Uniti uno si sveglia, sbrocca e compie una strage. Troppe volte i grandi network americani devono interrompere le loro trasmissioni per cominciare lunghe no stop da luoghi incantati, giardini incontaminati, campus perfetti nei quali un pazzo, o più d'uno, sparano all'impazzata contro persone indifese.

Il politecnico della Virginia Tech è solo l'ultimo teatro di un copione abusato che non lascia spazio nè a sorprese nè a colpi di scena, tutti sanno quale sarà la fine del romanzo.
Trentatre vittime uccise da un ventitreenne sud coreano, "mi avete costretto a farlo" ha lasciato scritto in un bigliettino, senza che qualcuno presagisse un gesto simile.

La domanda è sempre quella, perchè accade?

Il secondo emendamento della costituzione americana statuisce la necessità di formare una milizia armata per difendere la libertà dei cittadini, a cui viene garantita la possibilità di portare un'arma al seguito. Questo fa sì che le armi possano essere vendute con facilità anche grazie alle ultime leggi proposte dall'amministrazione Bush ma forse il problema è più vasto.
Ha certamente ragione Michael Moore che con il suo Bowling a Columbine aprì uno spiraglio che pochi osarono approfondire, ha torto l'amministrazione repubblicana con il suo liberismo sfrenato ma come è spiegabile la facilità con la quale, troppo spesso, siamo costretti a commentare le gesta di qualche ragazzo voglioso di emulare i cow boy di qualche secolo fa?

E forse è proprio qui la chiave. Gli Stati Uniti sono il paese nel quale la libertà, la capacità di farcela da soli ha assunto un'importanza preponderante rispetto ad altre parti del globo tanto che proprio qui è nata la nozione di Stato minimo portata avanti dal filosofo Robert Nozick.

Nella prefazione a Anarchia, stato e utopia Nozick espose con estrema chiarezza le premesse da cui muoveva. "Gli individui - egli scrisse - hanno dei diritti; ci sono cose che nessuna persona o nessun gruppo di persone può far loro (senza violare i loro diritti). Tali diritti sono tanto forti e di così vasta portata, da sollevare il problema di che cosa lo Stato e suoi funzionari possono fare, se qualcosa possono. Quanto spazio lasciano allo Stato i diritti degli individui?".
E a questo interrogativo egli rispondeva affermando che "lo Stato minimo, ridotto strettamente alle funzioni di protezione contro la forza, il furto, la frode, di esecuzione dei contratti, e così via, è giustificato; che qualsiasi stato più esteso violerà i diritti delle persone di non essere costrette a compiere certe cose, ed è ingiustificato". In breve, che "lo Stato minimo è allettante oltre che giusto".
Nozick è il teorico di un liberalismo che concepisce lo Stato essenzialmente come "guardiano notturno", è il difensore cioè di uno Stato minimo, di uno Stato che ha poteri e funzioni limitatissime, di uno Stato la cui nascita ha luogo senza la violazione dei diritti degli individui, in quanto dall'anarchia dello stato di natura si uscirebbe in seguito ad un processo spontaneo (Cfr. M. Baldini, E il professore di Harward teorizzò lo "Stato minimo", in "Avvenire", 26 gennaio 2002).


E forse proprio questa mentalità, questa idiosincrasia a delegare allo Stato quello che posso fare da solo può aiutare ad assumere una chiave di lettura, seppur parziale, che spieghi la ratio di un'inutile mattanza.

domenica 15 aprile 2007

TAKE ON ME



Stanotte mentre tardavo a perdere sonno, la tv mi ha fatto un grande regalo con la trasmissione del video degli A-ha, Take on me, anno di grazia 1986, probabilmente il motivo simbolo degli anni '80 e comunque una delle mie canzoni preferite.


Chi ha la mia età non può non ricordare il ritornello, il video davvero eccentrico nel quale una ragazza bionda seduta nel Kim's cafè di Londra viene risucchiata nel mondo del fumetto che stava leggendo dallo stesso Morten Harket, leader della band norvegese che, vestito da centauro, la saluta facendogli l'occhiolino.

Dopo molte peripezie e quando la ragazza crede che Morten sia rimasto ucciso da un gruppo di motociclisti c'è l'happy end: lui esce dal fumetto e i due si possono abbracciare.


Immagini sfocate, pettinature esagerate, tipici scorci della Londra fumosa e nebbiosa, classico video anni '80. Quegli anni così disprezzati, gli anni del riflusso, della fine dell'impegno politico, degli yuppies, dei paninari, dello scudo stellare di Reagan, del liberismo sfrenato, dell'implosione dell'universo comunista, della lady di ferro Margaret Tatcher che, incurante dello sciopero ad oltranza dei minatori, decide la chiusura dei pozzi.

In Italia è l'epoca dell'orologio sul polsino, del fenomeno Craxi, della morte in diretta tv di Berlinguer durante un comizio a Padova e dei successivi funerali, un corteo doloroso di un milione di persone sotto il sole romano, delle vacanze tutto compreso, del fenomeno Arbore e dell'affievolirsi della scuola dei cantautori, dello scudetto della Roma, di Platini, dello scoppio del fenomeno sacchiano e del Milan olandese.


In tutto questo, almeno per me, Take on me ha lo stesso valore che aveva per Marcel Proust la madeleine. Se avrete occasione di leggere Dalla parte di Swann vedrete come lo scrittore narri di sè ragazzino che assapora una tazza di the nella quale è inzuppato un dolce molto particolare, "corto e gonfio", egli dice, che si chiama "madeleine". Quest'esperienza, che è del tutto insignificante, lo porta in uno stato di felicità e quasi di estasi che egli tenta di comprendere. Cerca di far questo gustandone una seconda sorsata, ma in quel momento la sensazione si arresta.


Ebbene ascoltando la canzone degli A-ha io ho la sensazione di tornare a quel 1986, l'anno dei mondiali mexicani, la doppietta di Maradona contro l'Inghilterra al sole dello stadio Azteca (il goal di mano e lo splendido secondo goal dribblando chiunque e facendo commuovere perfino il telecronista della BBC inglese), stavo in terza elementare, quando non c'erano problemi, quando c'era sempre il sole e noi giocavamo sempre a pallone, anche a scuola. L'anno di una splendida vacanza in Sardegna, di partite viste allo stadio Olimpico, Roma-Avellino 5-1(cinquina del bomber Pruzzo, esultavo sulle fredde gradinate del vecchio stadio con la pazza radiocronaca di Mandolesi e Pato nelle orecchie) quando non c'era la copertura e l'urlo dello stadio atterriva tutti gli avversari.

Questi sono i miei anni '80 e per condividere con voi queste medesime sensazioni vi invito a leggere questa lunga serie di considerazioni sulla nostra generazione (grazie ad Enrico per avermele fatte conoscere quasi un anno fa) e credo che sarete d'accordo con me.


Ah, se qualcuno non ricorda o non conosce Take on me, lasciatemelo dire, vi invidio! e comunque rimediate cliccando qui




e a chi la conosce, quale miglior colonna sonora per queste perle di saggezza:


La nostra generazione



Lo scopo di questa missiva è quello di rendere giustizia a una generazione,

quella di noi nati metà anni '70 e agli inizi degli anni '80 (anno più, anno meno), quelli che vedono la casa acquistata allora dai nostri genitori valere oggi 20 o 30 volte tanto, e che pagheranno la propria fino ai 50 anni.


Noi non abbiamo fatto la Guerra, né abbiamo visto lo sbarco sulla luna,

non abbiamo vissuto gli anni di piombo, né abbiamo votato il referendum per l'aborto e la nostra memoria storica comincia coi Mondiali di Italia '90.

Per non aver vissuto direttamente il '68 ci dicono che non abbiamo ideali, mentre ne sappiamo di politica più di quanto credono e più di quanto sapranno mai i nostri fratelli minori e discendenti.

Babbo Natale non sempre ci portava ciò che chiedevamo, però ci sentivamo dire, e lo sentiamo ancora, che abbiamo avuto tutto,nonostante quelli che sono venuti dopo di noi sì che hanno avuto tutto, e nessuno glielo dice.


Siamo l'ultima generazione che ha imparato a giocare con le biglie, a saltare la corda, a giocare a lupo, a un-due-tre-stella, e allo stesso tempo i primi ad aver giocato coi videogiochi, ad essere andati ai parchi di divertimento o aver visto i cartoni animati a colori.

Abbiamo indossato pantaloni a campana, a sigaretta, a zampa di elefante e con la cucitura storta; la nostra prima tuta è stata blu con bande bianche sulle maniche e le nostre prime scarpe da ginnastica di marca le abbiamo avute dopo i 10 anni.

Andavamo a scuola quando il 31 ottobre era la vigilia dei Santi e non Halloween, quando ancora si veniva bocciati, siamo stati gli ultimi a fare la Maturità e i pionieri del 3+2.

Siamo stati etichettati come Generazione X e abbiamo dovuto sorbirci Sentieri e i Visitors, Twin Peaks e Beverly Hills (ti piacquero allora, vai a rivederli adesso, vedrai che delusione).

Abbiamo pianto per Candy-Candy, ci siamo innamorate dei fratelli di Georgie, abbiamo riso con Spank, ballato con Heather Parisi, cantato con Cristina D'Avena e imparato la mitologia greca con Pollon.


Siamo una generazione che ha visto Maradona fare campagne contro la droga.

Siamo i primi ad essere entrati nel mondo del lavoro come Co.Co.Co. e quelli per cui non gli costa niente licenziarci.

Ci ricordano sempre fatti accaduti prima che nascessimo, come se non avessimo vissuto nessun avvenimento storico. Abbiamo imparato che cos'è il terrorismo, abbiamo visto cadere il muro di Berlino, e Clinton avere relazioni improprie con la segretaria nella Stanza Ovale; siamo state le più giovani vittime di Cernobyl.

Abbiamo imparato a programmare un videoregistratore prima di chiunque altro, abbiamo giocato a Pac-Man, odiamo Bill Gates e credevamo che internet sarebbe stato un mondo libero.


Siamo la generazione di Bim Bum Bam, di Clementina-e-il-Piccolo-Mugnaio-Bianco e del Drive-in.

Siamo la generazione che andò al cinema a vedere i film di Bud Spencer e Terence Hill. Quelli cresciuti ascoltando gli Europe e Nik Kamen, e gli ultimi a usare dei gettoni del telefono.

Ci siamo emozionati con Superman, ET o Alla Ricerca dell'Arca Perduta.


Bevevamo il Billy e mangiavamo le Big Bubble, ma neanche le Hubba Bubba erano male; al supermercato le cassiere ci davano le caramelline di zucchero come resto.


Siamo la generazione di Crystal Ball ("con Crystal Ball ci puoi giocare"), delle sorprese del Mulino Bianco, dei mattoncini Lego a forma di mattoncino, dei Puffi, i Voltrons, Magnum P.I., Holly e Benji, Mimì Ayuara, l'Incredibile Hulk, Poochie, Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy,Kiss Me Licia, i Barbapapà, i Mini-Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la casa di Barbie di cartone ma con l'ascensore.

La generazione che ancora si chiede se Mila e Shiro alla fine vanno insieme.


La generazione che non ricorda l'Italia Mondiale '82, e che ci viene un riso smorzato quando ci vogliono dare a bere che l'Italia di quest'anno è la favorita.

L'ultima generazione a vedere il proprio padre caricare il portapacchi della macchina all'inverosimile per andare in vacanza 15 giorni.

L'ultima generazione degli spinelli.

Guardandoci indietro è difficile credere che siamo ancora vivi: viaggiavamo in macchina senza cinture, senza seggiolini speciali e senza air-bag; facevamo viaggi di 10-12 ore e non soffrivamo di sindrome da classe turista.


Non avevamo porte con protezioni, armadi o flaconi di medicinali con chiusure a prova di bambino. Andavamo in bicicletta senza casco né protezioni per le ginocchia o i gomiti.

Le altalene erano di ferro con gli spigoli vivi e il gioco delle penitenze era bestiale.

Non c'erano i cellulari. Andavamo a scuola carichi di libri e quaderni, tutti infilati in una cartella che raramente aveva gli spallacci imbottiti, e tanto meno le rotelle!!

Mangiavamo dolci e bevevamo bibite, ma non eravamo obesi. Al limite uno era grasso e fine. Ci attaccavamo alla stessa bottiglia per bere e nessuno si è mai infettato. Ci trasmettevamo solo i pidocchi a scuola, cosa che le nostre madri sistemavamo lavandoci la testa con l'aceto.


Non avevamo Playstation, Nintendo 64, videogiochi, 99 canali televisivi,dolby-surround, cellulari, computer e Internet, però ce la spassavamo tirandoci gavettoni e rotolandoci per terra tirando su di tutto; bevevamo l'acqua direttamente dalle fontane dei parchi, acqua non imbottigliata, che bevono anche i cani!

E le ragazze si intortavano inseguendole per toccar loro il sedere e giocando al gioco della bottiglia o a quello della verità, non in una chat dicendo :) :D :P

Abbiamo avuto libertà, fallimenti, successi e responsabilità e abbiamo imparato a crescere con tutto ciò.


Tu sei uno di nostri? Congratulazioni! Invia questo a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di crescere come bambini.

venerdì 13 aprile 2007

SE OTTO ORE VI SEMBRAN POCHE...




Mentre ci si accapiglia su ipotesi di riforme elettorali, su Vallettopoli o se i giocatori della Roma debbano chiedere scusa per il cappotto di Manchester la cronaca ci riporta amaramente sulla dura e laica terra.

E' di ieri la notizia di quattro morti sul lavoro, le ennesime. Questa orribile "Spoon River", come l'ha efficacemente ribattezzata "La Repubblica" in edicola oggi, ha scritto ancora una volta la sua triste pagina in diverse parti d'Italia: Brescia, Latina, Monza ed in ultimo Genova.
E proprio dal capoluogo ligure è partita la mobilitazione, sciopero generale, attività portuali sospese e bloccate dai "camalli", l'operaio schiacciato da una balla di cellulosa di oltre due tonnellate, tifoso rossoblu è stato finanche ricordato ieri sera a Marassi durante la partita vinta dal Genoa, squadra della quale era tifosissimo.

"Martiri del lavoro" li ha definiti Prodi nel giorno in cui, ironia della sorte, è stato approvato il "Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro", un giro di vite per tutelare i giovani flessibili, dagli autonomi agli extracomunitari, ai part-time. Un primo passo affinchè simili sciagure non abbiano più a ripetersi.


Intanto un altro falco dell'amministrazione Bush, un altro aedo del pensiero teocon si ritrova con la faccia nella polvere.

Paul Wolfowitz, presidente della Banca Mondiale, rischia il posto per il più banale e comune degli incidenti che accadono a gli uomini di potere a tutte le latitudini: ha raccomandato la sua compagna per includerla negli organici della World Bank e concederle un lauto aumento di stipendio.

Il teorico dell'etica e della superiorità americana è ben raccontato in un ritratto di Federico Rampini sul sito de "La Repubblica" al quale vi rimando, leggetelo, ne vale la pena http://www.repubblica.it/2007/04/sezioni/esteri/wolfowitz-scandalo/wolfowitz-ritratto/wolfowitz-ritratto.html


Infine, l'altro giorno, la comunità cinese di Milano che abita nella zona di via Paolo Sarpi, è scesa in strada in seguito ad una multa comminata dai vigili urbani ad una venditrice ambulante.

Una manifestazione violenta, giunta inaspettata solo da chi è convinto che l'integrazione ed il rispetto delle regole passino solo attraverso una gestione "law & order" ed un velato razzismo di chi quelle leggi è portato a far rispettare.

Tra coloro che hanno protestato rumorosamente vi saranno anche stati elementi della mafia cinese ma in maggioranza erano giovani figli degli immigrati, italiani in tutto e per tutto, capi firmati e look alla moda, stanchi di essere considerati dei "musi gialli", neanche ci trovassimo in qualche striscia fumettistica americana degli anni '40.

A Milano vive il 22% della comunità cinese e quello che accade, si muove nel capoluogo lombardo deve essere considerato un fedele barometro degli stati d'animo dei nostri concittadini e non può essere sopravvalutato.

In una società come la nostra che si avvia, finalmente, a divenire multietnica, occorre un dialogo ed un confronto per non arrivare a situazioni limite come quella francese.
Di fronte alle giuste preoccupazioni dei residenti nelle Chinatown nostrane, la scomparsa di negozi gestiti da elementi nostrani, al continuo scarico delle merci, ai cattivi odori occorre ricordare che i negozi sono stati venduti con legittima soddisfazione da bottegai italiani increduli di fronte ad acquirenti che pagavano, spesso cash, anche il doppio del prezzo richiesto. E'chiaro che non si può volere la botte piena e la moglie ubriaca.


Ma tant'è, come diceva il presidente Mao, "Grande è il disordine sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente".


SULLA STRADA DI CASA...



Da una vignetta di Vauro mostrata ieri sera durante il programma televisivo "Anno Zero":

- Calipari ucciso da fuoco amico, Ramatullah torturato da un governo amico.

- Ma non sarà che dobbiamo controllare meglio le nostre amicizie?

giovedì 12 aprile 2007

QUELLA CAREZZA DELLA SERA


Chissà quanti dei tifosi e degli addetti ai lavori romanisti sanno che l'inno ufficiale della squadra Roma Roma cantato da Antonello Venditti è stato in realtà scritto da un maturo signore di Pavia, Sergio Bardotti che proprio ieri è scomparso all'età di 68 anni.
Produttore discografico, autore musicale e televisivo, Bardotti ha attraversato da protagonista la storia dello spettacolo italiano degli ultimi cinquanta anni.
Si devono alla sua penna canzoni straordinarie quali Occhi di ragazza e Piazza Grande (Lucio Dalla), L'amico è (Caterina Caselli), Quella carezza della sera (New Trolls), Ti lascerò (Fausto Leali ed Anna Oxa) e le traduzioni in italiano di autentici evergreen quali La canzone dei vecchi amanti (Charles Aznavour) o Kubala (motivo del cantautore catalano Juan Manuel Serrat dedicato al fuoriclasse ungherese del Barcellona scappato dall'Ungheria comunista per rifugiarsi nella Spagna franchista).
Fu produttore di autentiche pietre miliari della musica leggera, Non al denaro, non all'amore nè al cielo (Fabrizio De Andrè) e La voglia, la pazzia (Ornella Vanoni) e autore di un gran numero di edizioni del festival di Sanremo, tra le migliori degli ultimi anni quali quelle condotte da Fabio Fazio e Raimondo Vianello.
Mi piace quindi salutarlo con una delle mie canzoni preferite, Quella carezza della sera (1979), sperando che domenica prossima chi si recherà sugli spalti dello stadio Olimpico dedichi anche un solo fugace pensiero a chi ha contribuito a regalarci almeno tre minuti di serenità:
Quando tornava mio padre sentivo le voci
dimenticavo i miei giochi e correvo lì
mi nascondevo nell'ombra del grande giardino e lo sfidavo a cercarmi:
io sono qui
Poi mi mettevano a letto finita la cena
lei mi spegneva la luce ed andava via
io rimanevo da solo ed avevo paura ma non chiedevo a nessuno: rimani un po.
Non so più il sapore che ha quella speranza che sentivo nascere in me.
Non so più se mi manca di più quella carezza della sera o quella voglia di avventura
voglia di andare via di la.
Quelle giornate d'autunno sembravano eterne
quando chiedevo a mia madre dov'eri tu
io non capivo cos'era quell'ombra negli occhi
e cominciavo a pensare: mi manchi tu
Non so più il sapore che ha quella speranza che sentivo nascere in me
Non so più se mi manca di più quella carezza della sera
o quella voglia di avventura voglia di andare via
Non so più il sapore che ha quella speranza che sentivo nascere in me
Non so più se mi manca di più quella carezza della sera
o quella voglia di avventura
voglia di andare via di là voglia di andare via di là

mercoledì 11 aprile 2007

THE ITALIAN JOB




Come dice quel vecchio adagio "Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi"?
Gianfranco Fini, che è un ragazzo sveglio e che ha studiato, sa quanta verità si nasconda nelle vecchie raccomandazioni dei nostri nonni e che ti organizza?
Un pò di sano riposo in questi giorni pasquali è quel che ci vuole per ricaricare le pile scariche e niente di meglio che indirizzare la prua verso l'oceano Indiano in mezzo al quale si stagliano i tanti piccoli atolli che formano l'arcipelago delle Maldive.
Ma come tutte le più belle fiabe ogni cosa ha la parola "fine" e ahimè! occorre riprendere la strada per la Capitale e mettere in un cassetto i cubalibre bevuti all'ombra delle palme o le grigliate di pesce apprezzate in una luce dorata da tantissime stelle sotto un cielo altissimo.
Bisogna ritornare tra le tristi paludi della politica romana, rivedere i La Russa, i Gasparri, gli Storace ed organizzare l'opposizione ad un governo sì bizzarro che va dai timorati di Dio che utilizzano il cilicio ai deputati transgender.
Si arriva quindi all'aeroporto di Malè, si va al check in, business class ma, ma...l'aereo della compagnia Eurofly, gruppo Alitalia, che dovrebbe ricondurre l'allegra brigata nella capitale del Mediterraneo, è guasto.
Niente paura perchè i potenti mezzi italiani non si perdono per un piccolo guasto e, sim salabim, ecco un altro vettore pronto a solcare i cieli dell'iperuranio ma, accipicchia, guasto pure questo.
E ora, che si inventa il prode Gianfranco? Ma chiaro, decide di chiamare il console italiano per cercare un posto riservato sul primo aereo in partenza verso l'Italia.
Geniale, vero? D'altra parte non si diventa vicepresidenti del Consiglio e ministro degli esteri per caso.
Certo, non esistono più i fascisti di una volta.
Solo qualche anno fa, Fini, camicia nera indosso e manganello in mano, non ci avrebbe pensato un attimo ad organizzare una spedizione contro il complotto giudaico-comunista-massonico oraganizzato dai perfidi maldiviani, promettendo di spezzargli al più presto le reni.
E invece? Come il più anonimo politico scalzacani, il nostro prode cerca una raccomandazione al potente di turno, neanche stessimo in fila alla posta, pur di superare gli anonimi signor nessuno, anche loro stanchi, sfiduciati ed ansiosi di rivedere il Pincio e Fontana di Trevi.
Tra questi ultimi c'è anche uno sconosciuto deputato dell'Udc, Romano, che invece, memore della sempre verde legge democristiana del "Male non fare, paura non avere", decide di rimanere con gli sfortunati passeggeri autonomindosi portavoce dei rivoltosi, lamentandosi in tutti i telegiornali italiani ma fermo al suo posto, porgendo l'altra guancia come insegnano i dettami di Santa Romana Chiesa.
E Gianfranco? L'ex pupillo di Almirante fa rivoltare nella tomba il povero Benito.
Quando c'era Lui non solo i treni arrivavano in orario ma la gloriosa "Ala azzurra" realizzava, nell'anno 1933 (anno XI dell'era fascista), la trasvolata atlantica con il camerata e Quadrumviro della rivoluzione Italo Balbo alla cloche dei comandi, ma ora?
Adesso colui che ha traghettato i neofascisti sulla lunga strada verso i lidi della democrazia non trova di meglio che comportarsi come Gastone, il fortunato cugino di Paperino, o Alfredo, l'amico a cui Vasco Rossi ha dedicato una canzone, per pensare solo a se stesso e ottenere almeno una
camera...ta con vista:
COLPA D'ALFREDO (1980)
Ho perso un'altra occasione buona stasera
e' andata a casa con il negro, la troia!
mi son distratto un attimo....colpa d'alfredo
che con i suoi discorsi"seri"e inopportuni mi fa sciupare tutte le occasioni
e prima o poi lo uccido!....
lo uccido!
e lei invece non ha perso tempo, ha preso subito la palla al balzo,
l'ho vista uscire mano nella mano con quell'africano che non parla bene neanche l'italiano
ma si vede che si fa capire bene quando vuole....
tutte le sere ne accompagna a casa una diversa
chissa cosa le racconta!(per me e' la macchina che conta)
e quella stronza non s'è neanche preoccupata
di dirmi almeno qualche cosa chesso' una scusa....
si era gia' dimenticata di quello che mi aveva detto prima....
"mi puoi portare a casa questa sera?Abito fuori Modena, Modena park!"
ti porterei anche in america
ho preso la macchina apposta!...
e mi ero gia' montato la testa...avevo fatto tutti i miei progetti....
non la portavo mica a casa!beh se la sposavo non lo so
ma cosa conta sono convinto che se non ci fosse stato lui mi avrebbe detto si!
sono convinto che se non ci fosse stato lui mi avrebbe detto siiiiiiii!
P.S: per qualche fratello romanista che ha ancora qualche lacrima da piangere consiglio la lettura del bellissimo articolo di Roberto Renga sulla prima pagina de "Il Messaggero" di oggi dall'eloquente titolo "La notte delle streghe"

TIE BREAK


Dagli Oasis siamo partiti ed agli Oasis torniamo. Una sola cosa possiamo dire ai giocatori giallorossi:" Don't look back in anger".
Siamo tornati sulla terra, un bagno di umiltà che probabilmente sarà salutare per il prosieguo della stagione. L'essersi sentiti come Andreas Seppi di fronte a Roger Federer renderà i nostri ragazzi più sensibili e maturi di fronte a palcoscenici quali l'Old Trafford, di fronte al quale non è consentito calarsi le braghe e prendere scoppole come un fanciullo discolo di fronte ad un padre severo ed autoritario.
Sarà grazie all'affetto di noi tifosi che la nostra squadra potrà crescere a diventare quel che ancora non è.
Un gruppo ancora "seduto in riva al fosso" al quale serve che qualcuno dica che l'affetto è molto nonostante "Quella che non sei" (Ligabue-Buon compleanno Elvis 1996) e questo è anche il titolo della canzone del giorno che vi invito ad ascoltare o riascoltare come colonna sonora della giornata:
Io ti ho vista gia'eri in mezzo a tutte le parole che non sei riuscita a dire mai.
Eri in mezzo a una vita che poteva andare ma non si sapeva dove.
Ti ho vista fare giochi con lo specchio e aver fretta d'esser grande,
poi voler tornare indietro quando non si puo'.
Quella che non sei quella che non sei, non sei.
Ma io sono qua e se ti bastera'.Quella che non sei non sarai a me bastera'.
C'e' un posto dentro te in cui fa freddo,e' il posto in cui nessuno e' entrato mai.
Quella che non sei.Io ti ho vista gia' eri in mezzo a tutte le tue scuse,senza saper per cosa.
Eri in mezzo a chi chi ti dice scegli o troia o sposa.
Ti ho vista vergognarti di tua madre,fare a pezzi il tuo cognome,sempre senza disturbare che non si sa mai.
Quella che non sei, quella che non sei non sei,ma io sono qua e se ti bastera'.
Quella che non sei non sarai, a me bastera'.
C'e' un posto dentro te che tieni spento,e il posto in cui nessuno arriva mai.
Quella che non sei.Ti ho vista stare dietro a troppo rimmel,dietro un' altra acconciatura,eri dietro una paura che non lasci mai.
Quella che non sei,quella che non sei non sei,ma io sono qua e se ti bastera',quella che non sei non sarai,a me bastera'.
C'e' un posto dentro te in cui fa freddo,e' il posto in cui nessuno e' entrato mai.
Quella che non....
Ciao e God bless you

martedì 10 aprile 2007

SENZA FIATO...


Frase del giorno:
"Dio stramaledica gli inglesi!" (Mario Appelius).
In questa storica giornata due parole sono poche e tre sono troppe, non resta che sintonizzarsi in tv stasera e che God save...Rome.
Canzone del giorno:
Oasis, The importance of being idle (inglesi di Manchester ma grandi tifosi del Manchester City e anche loro stasera grideranno "Let's go Rome")

I sold my soul for the second time
cos the man, it don't pay me
I begged my landlord for some more time
he said "son, the bills are waiting"
my best friend called me the other night
he said "man - you crazy?"
my girlfriend told me to get a life
she said "boy - you lazy"
but I don't mind
as long as there's a bed
beneath the stars that shine
i'll be fine
if you give me a minute, a man's got a limit
I can't get a life if my heart's not in it
I've lost my faith in the summertime
cos it don't stop raining
the sky all day is as black as night
but i'm not complaining
I begged my doctor for one more line
he said "son - words fail me
it ain't your place to be killing time"
I guess i'm just lazy



TRADUZIONE
Ho venduto la mia anima per la seconda volta
La mia attività non mi ripaga
Ho chiesto l'elemosina al mio padrone di casa
per avere ancora un po' di tempo
Mi ha detto: "ragazzo, le bollette aspettano!"
Il mio migliore amico mi ha chiamato l'altra sera
Mi ha detto: "ragazzo, sei impazzito!"
La mia ragazza mi ha detto che ho una vita
Ha detto: "ragazzo, sei pigro!"
Ma non mi preoccupo
finché potrò dormire sotto le stelle
Starò bene, se mi dai un minuto
Un uomo ha dei limiti
Non posso avere una vita se il mio cuore non lo sente
Ho perso la mia fede nelle ore estive
perché non smette di piovere
Il cielo tutti i giorni è nero come la notte
ma mi piace stare a lamentarmi
Ho chiesto al dottore un'altra riga
Mi ha detto: "ragazzo, non so più che dire
Non è il posto per ammazzare il tempo"
Penso di essere soltanto pigro

lunedì 9 aprile 2007

PASQUETTA

Frase del giorno:
"Dio c'è e ci odia...o quanto meno ci deve molte spegazioni". (Roberto "Freak" Antoni, leader degli Skiantos)
"Son partito da Bologna con le luci della sera...", quant'è che non sentivo la voce sofferente di Luca Carboni cantare il suo viaggio dalla città al mare, ve lo ricordate questo disco, anno di grazia 1992, si chiamava "Carboni", il primo disco del 1992 diceva la pubblicità affissa per le strade di Roma.
Quale miglior incipit per il lunedì dell'Angelo e per le gite fuori porta, il sole briila alto sulla capitale del Mediterraneo ed è meglio pensare a divertirsi piuttosto che pensare o commentare gli ultimi avvenimenti afgani.
Ancora una volta la realpolitik ha prodotto un altro morto innocente, non si è voluto trattare e l'unico risultato è ancora una famiglia straziata dal dolore. L'elegantissimo presidente afgano Karzai l'aveva detto, "non tratteremo più, non ci si può accordare con i tagliagole talebani", e mentre parlava si ascoltava in un auricolare la soddisfazione del dipartimento di Stato americano... I tagliagole creati e finanziati per anni prima che, novelli Frankestein, si ribellassero ai loro papà d'oltreoceano. quando combattevano l'Armta Rossa sovietica erano buoni e bravi ora non più. Non resta che sperare che almeno il mediatore di Emergency Rahmatullah Hanefi possa essere presto liberato, colpevole solo di aver aiutato a salvare la vita a Daniele Mastrogiaacomo. E che tristezza, che disgusto vedere le polemiche del cortile di casa nostra, gli Schifani, i Gasparri ed i Cicchitto, lividi, rancorosi, speculare sulla morte di un povero cristo per chiedere le dimissioni del governo, ma come si fa?
Quindi che sia una giornata di pace, di divertimento e di serenità, mangiate e bevete alla salute di chi se lo merita.
Canzone del giorno:
Andavo a cento all'ora (Gianni Morandi)
Ciunga ciunga ciu ciunga ciunga ciula la la laciunga ciunga ciu ciunga ciunga ciula la la la la
andavo a cento all'ora per trovare la bimba mia ye ye ye ye ye ye ye ye
andavo a cento all'ora per cantar la serenata blen blen blen blen blen blen blen blene
non vedevo l'ora di baciar la bocca sua ye ye ye ye ye ye ye ye
ma si brucio' il motore nel mezzo della via blen blen blen blen blen blen blen blen
amore aspettami corro a piedi da te son cento chilometri che io faccio per te
andavo a cento all'ora per trovare la bimba mia ye ye ye ye ye ye ye ye
andavo a cento all'ora per cantar la serenata blen blen blen blen blen blen blen blenciunga ciunga ciu ciunga ciunga ciula la la laciunga ciunga ciu ciunga ciunga ciula la la la laciunga ciunga ciu ciunga ciunga ciula la la laciunga ciunga ciu ciunga ciunga ciula la la la laye ye ye ye ye ye ye yeblen blen blen blen blen blen blen blenla la la la la la la laye ye ye ye ye ye ye ye
amore aspettami corro a piedi da te son cento chilometri che io faccio per te
andavo a cento all'ora per trovare la bimba mia ye ye ye ye ye ye ye ye
andavo a cento all'ora per cantare la serenata blen blen blen blen blen blen blen blenciunga ciunga ciu ciunga ciunga ciula la la laciunga ciunga ciu ciunga ciunga ciula la la la la.....