mercoledì 11 aprile 2007

TIE BREAK


Dagli Oasis siamo partiti ed agli Oasis torniamo. Una sola cosa possiamo dire ai giocatori giallorossi:" Don't look back in anger".
Siamo tornati sulla terra, un bagno di umiltà che probabilmente sarà salutare per il prosieguo della stagione. L'essersi sentiti come Andreas Seppi di fronte a Roger Federer renderà i nostri ragazzi più sensibili e maturi di fronte a palcoscenici quali l'Old Trafford, di fronte al quale non è consentito calarsi le braghe e prendere scoppole come un fanciullo discolo di fronte ad un padre severo ed autoritario.
Sarà grazie all'affetto di noi tifosi che la nostra squadra potrà crescere a diventare quel che ancora non è.
Un gruppo ancora "seduto in riva al fosso" al quale serve che qualcuno dica che l'affetto è molto nonostante "Quella che non sei" (Ligabue-Buon compleanno Elvis 1996) e questo è anche il titolo della canzone del giorno che vi invito ad ascoltare o riascoltare come colonna sonora della giornata:
Io ti ho vista gia'eri in mezzo a tutte le parole che non sei riuscita a dire mai.
Eri in mezzo a una vita che poteva andare ma non si sapeva dove.
Ti ho vista fare giochi con lo specchio e aver fretta d'esser grande,
poi voler tornare indietro quando non si puo'.
Quella che non sei quella che non sei, non sei.
Ma io sono qua e se ti bastera'.Quella che non sei non sarai a me bastera'.
C'e' un posto dentro te in cui fa freddo,e' il posto in cui nessuno e' entrato mai.
Quella che non sei.Io ti ho vista gia' eri in mezzo a tutte le tue scuse,senza saper per cosa.
Eri in mezzo a chi chi ti dice scegli o troia o sposa.
Ti ho vista vergognarti di tua madre,fare a pezzi il tuo cognome,sempre senza disturbare che non si sa mai.
Quella che non sei, quella che non sei non sei,ma io sono qua e se ti bastera'.
Quella che non sei non sarai, a me bastera'.
C'e' un posto dentro te che tieni spento,e il posto in cui nessuno arriva mai.
Quella che non sei.Ti ho vista stare dietro a troppo rimmel,dietro un' altra acconciatura,eri dietro una paura che non lasci mai.
Quella che non sei,quella che non sei non sei,ma io sono qua e se ti bastera',quella che non sei non sarai,a me bastera'.
C'e' un posto dentro te in cui fa freddo,e' il posto in cui nessuno e' entrato mai.
Quella che non....
Ciao e God bless you

3 commenti:

ilmedusa ha detto...

mai come in un momento così delicato psicologicamente devono trovare tranquillità attraverso il NOSTRO supporto......
DAJE ROMA DAJE

ps: te lo avevo detto che sarei passato sul tuo blog....purtroppo capito dopo una brutta serata....

Anonimo ha detto...

Ah! Ah! Ah!

Anonimo ha detto...

A TUTTI GLI AMICI ROMANISTI. LEGGETTE E MEDITATE
ARTICOLO TRATTO DA "LA STAMPA", 12 APRILE 2007



A Manchester anche la sua sconfitta. Il capitano giallorosso non riesce a essere decisivo
MASSIMILIANO NEROZZI, INVIATO A MANCHESTER
Transitando dal fenomeno che s’aggira, e spesso comanda, sui prati italiani, all’enigma che troppe volte ha sbandato su terreni stranieri, il destino deve aver riservato a Francesco Totti oscure trasformazioni. Sfogliarne il campionario delle prodezze, più che aiutare, intreccia il mistero ancora di più: cucchiaio, botte da trenta metri, punizioni, colpi di tacco, dribbling. Da lucidarsi gli occhi e prendere appunti. Quando la versione del numero dieci è questa, uno dei pochi fuoriclasse in grado di fare la differenza: come nella notte di Lione, ottavi di Champions, con gol e tanto gioco; o nel novembre scorso, a San Siro contro il Milan, spettacolare.

Ma poi, spunta il Pupone, di nome e, purtroppo, di fatto. Con un talento innato: combinare la cosa sbagliata al momento sbagliatissimo. Pure qui, il depliant è piuttosto fornito. Fornitissimo, con la maglia azzurra addosso. Andò male ai mondiali del 2002, quando il Trap, in sostanza, gli aveva già consegnato le chiavi di casa: espulso nell’incrocio degli ottavi con la Corea del Sud da Byron Moreno. Un cialtrone, forse, ma ci cascò proprio il romanista. Peggio a Euro 2004, quando passò l’altro treno estero: sputo al danese Poulsen nella partita d’esordio. Tanti saluti. E sui giornali stranieri, diventò subito: «the italian lama». Saltarono i nervi: non sarà l’ultima volta. Basti tornare al gennaio scorso, a Livorno: espulso, per la reazione sullo sgomitante Galante, buttò a terra pure l’amico-preparatore Vito Scala. Poco prima, aveva scartato un altro dei suoi colpi: gol del pareggio evitando la sconfitta della Roma. Il piede, chiaro, resta felpato, capace di gol da sigla tv, come quello infilato al volo a Genova, contro la Samp.

L’altro Totti, però, è sempre dietro l’angolo. Stessa scenografia, in riva al mare, pochi minuti dopo: «Un gol a Platini e uno a Matarrese: così ogni tanto vengono a vedere le partite della Roma e non parlano a sproposito». A volte, drammaticamente, mancano pure le giocate: soprattutto quando il genoma da campione dovrebbe invece imporle. Come a Liverpool, nella Champions 2002, con la Roma al sicuro con un piccolo pareggio: finì 2-0 per gli inglesi. Totti fu l’ultimo ad arrendersi, ma senza spari fondamentali. O come nella Coppa Italia di due anni fa, sofficissimo contro l’Inter. La nottata dell’Old Trafford è solo l’ultima cartolina: nel crollo totale, il dieci ha avuto orgoglio, non giocate. Pensare che, in Francia, gli avevano appena appiccicato l’etichetta giusta, dopo aver zittito lo stade de Gerland: «Formidabile Totti», scrisse «Le Figaro». Niente da fare, la scritta esatta si stacca sempre.

Magari, è il cuore da tifoso, sempre lucidato con fierezza, a tradirlo. Uno scudetto, una Supercoppa Italiana, quattro volte finalista di Coppa Italia (con la Roma), un Campionato del Mondo (con la nazionale): declinandone il pensiero attraverso le mai equivoche parole, scriverebbe questo sul diario personale, al capitolo successi. Rigorosamente in ordine di importanza. «Essendo tifoso, sento più questa partita della finale mondiale», fu l’epitaffio di lunedì sera. Chissà, la Nazionale potrebbe fare bene, tanto per continuare il rodaggio su campi avversi. «Ma adesso ho cose più importanti da fare», disse, testuale, lo scorso febbraio. Nemmeno Maradona, della tribù degli dei, impose regole simili. Niente da fare, la scala resta sempre quella: Roma, poi il resto del mondo.

Un po’ d’equilibrio, fra il geniale e l’autodistruzione, non farebbe male. Come quando, appena fatto fuori il Lione, timbrata come una delle favorite, il capitano giallorosso sorrise: «Ora mi piacerebbe incontrare il Milan, così almeno un’italiana arriva in semifinale». O il commento sorridente sull’Inter appena fatta fuori dal Valencia: «Peccato». Stesso vizietto sul pianerottolo dei Diavoli rossi, con una conferenza stampa attraversata da battute e sorrisi irridenti ai critici infedeli: «Tanto quelli continueranno a parlare, qualsiasi cosa faccia, non va mai bene». Difficile, dopo Manchester, azzerare il volume.