domenica 8 aprile 2007

IL TERZO UOMO


Un pranzo di Pasqua non indifferente non mi ha impedito di mettermi davanti al teleschermo nel primo pomeriggio davanti a La 7 alla visione di un film straordinario, il Terzo uomo, girato dal regista inglese Carol Reed nel 1949 che, grazie a questa pellicola, ottenne la Palma d'oro al festival di Cannes.
Non c'è una sola parte del film, una sola scena che sia fuori posto grazie alla sceneggiatura di Graham Greene che ne trarrà in seguito un fortunato romanzo ed alla interpretazione di Joseph Cotten, Orson Welles e della davvero splendida Alida Valli.
In una Vienna preda dei primi spasmi della guerra fredda uno scrittore americano, Holly Martins, assiste al funerale di un suo carissimo amico, Harry Lime, che scoprirà, molto presto, essere stato in realtà un trafficante di penicillina a causa del quale decine di bambini erano morti o erano restati per sempre violati dalla meningite. In una città dove nulla è come sembra, dove si nasconde una spia anche in un innocente portiere di caseggiato, lo scrittore scopre che il vecchio amico in realtà è vivo e vegeto e che il seppellito è nient'altro che un suo complice nell'infame traffico.
In un emozionante crescendo di emozioni, segnato dalla enigmatica ed ingenua presenza di Anna, amante di Lime, sarà proprio Martins ad uccidere il vecchio amico mentre l'ultima scena segnerà un probabile inizio di un'improbabile storia d'amore tra i due, segnati però dall'irriducibile presenza proprio del terzo uomo.
Film che probabilmente segnò l'esordio dell'incipiente guerra fredda nel cinema mostrata nei contrasti tra gli ufficiali della polizia internazionale, dal ruolo degli ufficiali sovietici e dalla sovraesposizione delle spie, davvero tante in un film di poco meno di due ore. Il tutto segnato dalla presenza di una livida Vienna, ancora piena di macerie, dagli stessi viennesi quasi stranieri in patria che continuano loro soli, a parlare tedesco in una città dove i potenti parlano inglese, francese e russo.
La magnifica fotografia in bianco e nero di Robert Krasker (oscar) e l'ancor più bel commento musicale su cetra di Anton Karas (utilizzato in un recente spot di una gomma americana nel quale una moglie gelosa schiaffeggia il marito postino che fa il lumacone con le inquiline) rendono la pellicola davvero imperdibile.
Se avete tempo, se vorrete, prendetevi una pausa, guardatevi il film e leggetevi il romanzo di Greene, 157 pagine che scenderanno tutto d'un fiato e capirete quanto, grazie alla magia della settima arte, sia possibile comprendere gli avvenimenti della nostra storia più che leggendo un polveroso e noioso tomo universitario.

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