domenica 15 aprile 2007

TAKE ON ME



Stanotte mentre tardavo a perdere sonno, la tv mi ha fatto un grande regalo con la trasmissione del video degli A-ha, Take on me, anno di grazia 1986, probabilmente il motivo simbolo degli anni '80 e comunque una delle mie canzoni preferite.


Chi ha la mia età non può non ricordare il ritornello, il video davvero eccentrico nel quale una ragazza bionda seduta nel Kim's cafè di Londra viene risucchiata nel mondo del fumetto che stava leggendo dallo stesso Morten Harket, leader della band norvegese che, vestito da centauro, la saluta facendogli l'occhiolino.

Dopo molte peripezie e quando la ragazza crede che Morten sia rimasto ucciso da un gruppo di motociclisti c'è l'happy end: lui esce dal fumetto e i due si possono abbracciare.


Immagini sfocate, pettinature esagerate, tipici scorci della Londra fumosa e nebbiosa, classico video anni '80. Quegli anni così disprezzati, gli anni del riflusso, della fine dell'impegno politico, degli yuppies, dei paninari, dello scudo stellare di Reagan, del liberismo sfrenato, dell'implosione dell'universo comunista, della lady di ferro Margaret Tatcher che, incurante dello sciopero ad oltranza dei minatori, decide la chiusura dei pozzi.

In Italia è l'epoca dell'orologio sul polsino, del fenomeno Craxi, della morte in diretta tv di Berlinguer durante un comizio a Padova e dei successivi funerali, un corteo doloroso di un milione di persone sotto il sole romano, delle vacanze tutto compreso, del fenomeno Arbore e dell'affievolirsi della scuola dei cantautori, dello scudetto della Roma, di Platini, dello scoppio del fenomeno sacchiano e del Milan olandese.


In tutto questo, almeno per me, Take on me ha lo stesso valore che aveva per Marcel Proust la madeleine. Se avrete occasione di leggere Dalla parte di Swann vedrete come lo scrittore narri di sè ragazzino che assapora una tazza di the nella quale è inzuppato un dolce molto particolare, "corto e gonfio", egli dice, che si chiama "madeleine". Quest'esperienza, che è del tutto insignificante, lo porta in uno stato di felicità e quasi di estasi che egli tenta di comprendere. Cerca di far questo gustandone una seconda sorsata, ma in quel momento la sensazione si arresta.


Ebbene ascoltando la canzone degli A-ha io ho la sensazione di tornare a quel 1986, l'anno dei mondiali mexicani, la doppietta di Maradona contro l'Inghilterra al sole dello stadio Azteca (il goal di mano e lo splendido secondo goal dribblando chiunque e facendo commuovere perfino il telecronista della BBC inglese), stavo in terza elementare, quando non c'erano problemi, quando c'era sempre il sole e noi giocavamo sempre a pallone, anche a scuola. L'anno di una splendida vacanza in Sardegna, di partite viste allo stadio Olimpico, Roma-Avellino 5-1(cinquina del bomber Pruzzo, esultavo sulle fredde gradinate del vecchio stadio con la pazza radiocronaca di Mandolesi e Pato nelle orecchie) quando non c'era la copertura e l'urlo dello stadio atterriva tutti gli avversari.

Questi sono i miei anni '80 e per condividere con voi queste medesime sensazioni vi invito a leggere questa lunga serie di considerazioni sulla nostra generazione (grazie ad Enrico per avermele fatte conoscere quasi un anno fa) e credo che sarete d'accordo con me.


Ah, se qualcuno non ricorda o non conosce Take on me, lasciatemelo dire, vi invidio! e comunque rimediate cliccando qui




e a chi la conosce, quale miglior colonna sonora per queste perle di saggezza:


La nostra generazione



Lo scopo di questa missiva è quello di rendere giustizia a una generazione,

quella di noi nati metà anni '70 e agli inizi degli anni '80 (anno più, anno meno), quelli che vedono la casa acquistata allora dai nostri genitori valere oggi 20 o 30 volte tanto, e che pagheranno la propria fino ai 50 anni.


Noi non abbiamo fatto la Guerra, né abbiamo visto lo sbarco sulla luna,

non abbiamo vissuto gli anni di piombo, né abbiamo votato il referendum per l'aborto e la nostra memoria storica comincia coi Mondiali di Italia '90.

Per non aver vissuto direttamente il '68 ci dicono che non abbiamo ideali, mentre ne sappiamo di politica più di quanto credono e più di quanto sapranno mai i nostri fratelli minori e discendenti.

Babbo Natale non sempre ci portava ciò che chiedevamo, però ci sentivamo dire, e lo sentiamo ancora, che abbiamo avuto tutto,nonostante quelli che sono venuti dopo di noi sì che hanno avuto tutto, e nessuno glielo dice.


Siamo l'ultima generazione che ha imparato a giocare con le biglie, a saltare la corda, a giocare a lupo, a un-due-tre-stella, e allo stesso tempo i primi ad aver giocato coi videogiochi, ad essere andati ai parchi di divertimento o aver visto i cartoni animati a colori.

Abbiamo indossato pantaloni a campana, a sigaretta, a zampa di elefante e con la cucitura storta; la nostra prima tuta è stata blu con bande bianche sulle maniche e le nostre prime scarpe da ginnastica di marca le abbiamo avute dopo i 10 anni.

Andavamo a scuola quando il 31 ottobre era la vigilia dei Santi e non Halloween, quando ancora si veniva bocciati, siamo stati gli ultimi a fare la Maturità e i pionieri del 3+2.

Siamo stati etichettati come Generazione X e abbiamo dovuto sorbirci Sentieri e i Visitors, Twin Peaks e Beverly Hills (ti piacquero allora, vai a rivederli adesso, vedrai che delusione).

Abbiamo pianto per Candy-Candy, ci siamo innamorate dei fratelli di Georgie, abbiamo riso con Spank, ballato con Heather Parisi, cantato con Cristina D'Avena e imparato la mitologia greca con Pollon.


Siamo una generazione che ha visto Maradona fare campagne contro la droga.

Siamo i primi ad essere entrati nel mondo del lavoro come Co.Co.Co. e quelli per cui non gli costa niente licenziarci.

Ci ricordano sempre fatti accaduti prima che nascessimo, come se non avessimo vissuto nessun avvenimento storico. Abbiamo imparato che cos'è il terrorismo, abbiamo visto cadere il muro di Berlino, e Clinton avere relazioni improprie con la segretaria nella Stanza Ovale; siamo state le più giovani vittime di Cernobyl.

Abbiamo imparato a programmare un videoregistratore prima di chiunque altro, abbiamo giocato a Pac-Man, odiamo Bill Gates e credevamo che internet sarebbe stato un mondo libero.


Siamo la generazione di Bim Bum Bam, di Clementina-e-il-Piccolo-Mugnaio-Bianco e del Drive-in.

Siamo la generazione che andò al cinema a vedere i film di Bud Spencer e Terence Hill. Quelli cresciuti ascoltando gli Europe e Nik Kamen, e gli ultimi a usare dei gettoni del telefono.

Ci siamo emozionati con Superman, ET o Alla Ricerca dell'Arca Perduta.


Bevevamo il Billy e mangiavamo le Big Bubble, ma neanche le Hubba Bubba erano male; al supermercato le cassiere ci davano le caramelline di zucchero come resto.


Siamo la generazione di Crystal Ball ("con Crystal Ball ci puoi giocare"), delle sorprese del Mulino Bianco, dei mattoncini Lego a forma di mattoncino, dei Puffi, i Voltrons, Magnum P.I., Holly e Benji, Mimì Ayuara, l'Incredibile Hulk, Poochie, Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy,Kiss Me Licia, i Barbapapà, i Mini-Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la casa di Barbie di cartone ma con l'ascensore.

La generazione che ancora si chiede se Mila e Shiro alla fine vanno insieme.


La generazione che non ricorda l'Italia Mondiale '82, e che ci viene un riso smorzato quando ci vogliono dare a bere che l'Italia di quest'anno è la favorita.

L'ultima generazione a vedere il proprio padre caricare il portapacchi della macchina all'inverosimile per andare in vacanza 15 giorni.

L'ultima generazione degli spinelli.

Guardandoci indietro è difficile credere che siamo ancora vivi: viaggiavamo in macchina senza cinture, senza seggiolini speciali e senza air-bag; facevamo viaggi di 10-12 ore e non soffrivamo di sindrome da classe turista.


Non avevamo porte con protezioni, armadi o flaconi di medicinali con chiusure a prova di bambino. Andavamo in bicicletta senza casco né protezioni per le ginocchia o i gomiti.

Le altalene erano di ferro con gli spigoli vivi e il gioco delle penitenze era bestiale.

Non c'erano i cellulari. Andavamo a scuola carichi di libri e quaderni, tutti infilati in una cartella che raramente aveva gli spallacci imbottiti, e tanto meno le rotelle!!

Mangiavamo dolci e bevevamo bibite, ma non eravamo obesi. Al limite uno era grasso e fine. Ci attaccavamo alla stessa bottiglia per bere e nessuno si è mai infettato. Ci trasmettevamo solo i pidocchi a scuola, cosa che le nostre madri sistemavamo lavandoci la testa con l'aceto.


Non avevamo Playstation, Nintendo 64, videogiochi, 99 canali televisivi,dolby-surround, cellulari, computer e Internet, però ce la spassavamo tirandoci gavettoni e rotolandoci per terra tirando su di tutto; bevevamo l'acqua direttamente dalle fontane dei parchi, acqua non imbottigliata, che bevono anche i cani!

E le ragazze si intortavano inseguendole per toccar loro il sedere e giocando al gioco della bottiglia o a quello della verità, non in una chat dicendo :) :D :P

Abbiamo avuto libertà, fallimenti, successi e responsabilità e abbiamo imparato a crescere con tutto ciò.


Tu sei uno di nostri? Congratulazioni! Invia questo a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di crescere come bambini.

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