martedì 18 novembre 2008

ASPETTA E SPEER


Dal blog di Gabriele Romagnoli, notista de "La Repubblica":
"A Parigi incontro S.
E' di passaggio: nato a Barcellona, vive a New York.
Poiché sotto il portone di casa mia c'è una targa alla memoria di Raoul Nadet, ucciso a Mathausen, prima di congedarmi la indica e dice: "Anche mio padre è morto in un lager".
Restiamo lì, nella sera d'autunno.
Lui aggiunge: "Mio zio era con lui, ma si è salvato. Dopo la guerra è tornato a Berlino e ha aperto un ristorante. Era un grande chef. Ha avuto una stella della guida Michelin. Ci veniva tutta la gente che contava in città.
Una sera l'aiuto cuoco gli ha chiesto se lo sapeva che un cliente fisso era Albert Speer, l'architetto poi ministro di Hitler. Mio zio l'ha guardato incredulo. Quello ha detto: è di là anche stasera, è l'unico che cena da solo".
"Mio zio controllò dall'oblò della cucina e lo vide.
Stava mangiando il suo dessert più riuscito.
Si lavò le mani e andò in sala.
Si sedette davanti a Speer.
Quello alzò lo sguardo. Era evidente che il dolce gli stava piacendo.
Sorrise.
Mio zio sollevò appena la manica e lasciò vedere i numeri tatuati sul braccio.
Speer spense il sorriso, guardò il dessert con una diversa espressione.
Mio zio lo rassicurò: non era avvelenato".
Poi?
"Poi parlarono per due ore, fino alla chiusura del ristorante. Mio zio voleva solo sapere, capire.
Non disse mai che cosa seppe o capì. Fece domande, ascoltò risposte.
Alla fine Speer pagò il conto, si alzò e se ne andò.
Mio zio tornò in cucina.
Speer non tornò mai più, mio zio vendette il ristorante.
Gli è sopravvissuto.
Ora vive nel Sud della Francia ed è un uomo passabilmente sereno".

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