mercoledì 26 settembre 2007

LA PORTI UN BACIONE A FIRENZE


Mai articolo mi ha trovato così d'accordo.
Stasera magari perdiamo pure però alcune cose andavano dette e grazie a Stefano Petrucci da "Il Romanista" di oggi:
"Le due squadre che giocano il calcio più bello d'Italia? Spalletti alla vigilia non l'ha detto, e neppure Prandelli.
Magari lo pensano: sono diversi in mille cose, non nella cultura del lavoro, non nel modo di inseguire il risultato attraverso il gioco, non nella capacità di costruire formazioni che sappiano attaccare con costanza senza farsi sommergere di gol. Logico che nutrano stima l'uno per l'altro, normale siano orgogliosi delle proprie creature.
Strano destino, il loro: si sono incrociati sulla panchina della Roma, sia pure a un anno di distanza; hanno entrambi il viola nel cuore, Spalletti per antica simpatia giovanile, Prandelli soprattutto per contratto, ma anche per affetto e gratitudine. La loro storia è quasi lo specchio dell'intrico che pare legare Roma e Fiorentina da sempre.
Prandelli fu la prima scelta di Sensi (e di Franco Baldini), quando Capello sposò la Juve: non fosse stato travolto da problemi famigliari - e ambientali - più grandi di lui, si sarebbe legato al giallorosso per chissà quanto tempo. Quando sbarcò a Trigoria, fotografò i tifosi in festa col telefonino, girando subito le immagini al figlio. Quando la lasciò, dopo un paio di mesi di sofferenze e di dubbi, le lacrime agli occhi.
Spalletti ne raccolse in fondo l'eredità, sia pure con dodici mesi di ritardo, a capo di due clamorosi fallimenti (Voeller e Delneri) e di un affannoso salvataggio (Bruno Conti). Forse Prandelli avrebbe compiuto la stessa opera di ricostruzione, di certo Luciano l'ha avviata e poi gestita in modo straordinario.
Stasera si ritrovano faccia a faccia, in uno stadio che si annuncia stracolmo. Orfani dei bomber che li hanno affiancati con successo nelle ultime stagioni (Toni e Totti), schiacciati all'angolo da una classifica che impone a entrambi di cercare l'impresa: la Roma se perde viene scavalcata in vetta, la Fiorentina se non vince dovrà ridimensionare i sogni di gloria che per ora si sforza di tenere sottotraccia.
Un filo misterioso, s'è detto, lega le due squadre chiamate oggi a un faccia-a-faccia per tanti versi spietato, i viola esaltati dalla prospettiva-soprasso, i giallorossi smaniosi di cancellare la beffa juventina. Senza pescare troppo nel passato, Fiorentina-Roma è la sfida del rocambolesco spareggio-Uefa del 1989, ultimo gol in carriera di Roberto Pruzzo, infilato ahinoi nella porta giallorossa.
È la partita del leggendario "Siamo tutti parrucchieri" del 9 aprile 2001, del grottesco posticipo imposto per ragioni di ordine pubblico, giustamente salutato dal sarcasmo tifoso: finì 3-1 per i viola, ricordiamo con amarezza, allora guidati da Roberto Mancini. Una batosta terribile. Ma, si sa, la Roma di Gabriel Batistuta strappato da Sensi a suon di miliardi proprio al vecchio patròn Cecchi Gori e quel giorno rinnegato dai suoi ex adoratori, di lì a due mesi avrebbe vinto il suo terzo scudetto.
E ancora: Fiorentina-Roma è stato anche il crocevia della rinascita, la partita che in coppa Italia - era il 16 marzo del 2005 - avviò in qualche modo la rinascita, sulle ceneri del dopo-Capello. Si vinse ai rigori, con la Roma ridotta in nove da due espulsioni nei supplementari (Ferrari e De Rossi), in cima a una roulette russa da mozzare il fiato. C'era Bruno Conti in panchina, quel pomeriggio di due anni e mezzo fa. E Curci in porta. E Cassano in campo, con le sue bizze. E Scurto, capace di realizzare il rigore decisivo, dopo il pesantissimo errore del barese. La Roma agguantò le semifinali di coppa Italia, in mezzo a quell'annata maledetta. Firenze fischiò i giallorossi che abbracciavano Conti a centrocampo, mentre Cassano infilava cupo la porta degli spogliatoi. Consolatevi con la coppa, ci gridavano, tanto finirete in B. E invece, di lì a poco, la Roma si salvò due volte: andando a vincere a Bergamo alla penultima di campionato (gol di Cassano) e scegliendo Spalletti, incontrato e battuto nelle semifinali della coppa poi lasciata all'Inter, come uomo della ricostruzione.
Stasera ci risiamo.
Lo stadio è sempre quello, il clima inospitale pure. A Firenze non siamo mai piaciuti. Meno che mai dopo Calciopoli.
Con un'interpretazione di dietrologia degna di un intervento psichiatrico, ci accusano di avergli strappato la partecipazione alla Champions League di due anni fa. Più con Della Valle, che come hanno dimostrato valanghe di intercettazioni finì a testa in giù nel pozzo del Moggi-gate, ce l'hanno con la Roma, promossa al secondo posto del campionato ridisegnato dalla retrocessione della Juve e dalle penalizzazioni di altri club, quello viola in testa.
Più che negli errori propri, credono in complotti filo-giallorossi che chissà mai avrebbe ordito.
Difficile leggere l'anima tifosa, facile prevedere un'altra giornata di quelle da raccontare ai nipotini.
Speriamo ancora una volta col sorriso sulle labbra".

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