giovedì 5 luglio 2007

CIAO CLAUDIO



E' morto ieri, all'età di 60 anni e dopo una lunga battaglia contro la distrofia muscolare, Claudio Rinaldi, uno dei migliori giornalisti italiani.

Vecchio leader di Lotta Continua (senza mai vantarsene però), ex direttore di giornali quali "L'Europeo", "Panorama", "L'Espresso", columnist de "La Repubblica" e collaboratore di Radio Capital, Rinaldi ha rappresentato un modo "diverso" di fare giornalismo.

Leggendo i suoi articoli non si trovavano toni fioriti, poetici, da elzevirista ma solo il nudo fatto, raccontato senza omissioni. Ma quello che non mancava mai era il suo punto di vista: non i fatti separati dalle opinioni come gli aveva insegnato il suo maestro Lamberto Sechi, inventore del "Panorama" in versione tabloid, ma la sua opinione si stagliava netta, lucida, sapevi quel che pensava e quel che voleva dire.

Direttore de "L'Espresso" al momento della discesa in campo di Berlusconi, non gli lesinò fortissimi attacchi arrivando a disegnarlo in divisa da balilla fascista con il fez sottolineando l'anomalia democratica insita nell'esperienza politica del tycoon meneghino.

Sciabolatore della sinistra e delle sue incertezze, arrivò a coniare il termine Dalemoni per mettere in guardia da un possibile accordo bipartisan tra Ds e Forza Italia.

Nonostante il lento avanzare della malattia, Rinaldi ha scritto fino all'ultimo tanto che "L'Espresso" in edicola domani uscirà con un suo pezzo. E rimarrà il ricordo di un uomo sempre allegro, ironico che in tutto questo bailamme non lesinava mai pensieri sulla sua Roma e sulle traversie calcistiche della squadra della Capitale.

Con la morte di Claudio Rinaldi se ne va quello che gli spagnoli amano definire un "hombre vertical".

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