venerdì 27 luglio 2007

GIALLI...DI VERGOGNA

Da "La Repubblica" di ieri, l'articolo dell'inviato al seguito del Tour de France, Gianni Mura:

Il Tour parte senza maglia gialla.
La maglia gialla in carica, Michael Rasmussen detto il Pollo, è partito la sera prima dall'hotel Mercure di Pau su un'auto della Rabobank, destinazione ignota. Chi dice Italia, chi Monaco.
Gli stessi dubbi di quando eludeva controlli e prelievi, come una Primula rossa vestita di nero. Lui a casa, gli altri in corsa.

Nei frequenti scambi di opinione tra organizzatori e Rabobank ci sta pure un occhio di riguardo. Al raduno di partenza Boogerd, uno degli anziani della squadra, fa a cazzotti con uno spettatore dai capelli grigi, camicia bianca e bermuda blu, che aveva gridato "banda di drogati". E intanto lo stato maggiore del Tour parla ai microfoni.
Patrice Clerc: "de Rooij ci ha avvertito che Rasmussen aveva mentito alla squadra sul protocollo di responsabilità". Christian Prudhomme: "Oggi la classifica è più credibile. La partenza di Rasmussen è la cosa migliore che ci sia capitata negli ultimi giorni. Ribadisco che Rasmussen non avrebbe mai dovuto presentarsi alla partenza". Nel regolamento antidoping dell'Uci sta scritto all'articolo XIV.8.220 che "nel quadro di un avviso scritto o di un controllo saltato nei 45 giorni prima delle grandi corse a tappe, il corridore non può prendere parte a quella corsa". Rasmussen può avere raccontato un sacco di bugie, ma sulla data di comunicazione del cartellino giallo, chiamiamolo così, ha detto la verità: 29 giugno.
Il Tour non lo sapeva.
Rasmussen sì, la Federciclo danese sì, l'Uci sì, Theo de Rooij sì, la Rabobank sì. Ecco perché la storia non finirà qui. Si profila una spaccatura totale, e al Tour stanno pensando seriamente di tornare alla formula per squadre nazionali (ultima volta nel '68, vinse Janssen).


Ma questo è un discorso politico, mentre nella vicenda sono interessanti i risvolti umani. Nelle foto notturne del suo passo d'addio, Rasmussen sembra quello che è, un uomo distrutto. Un uomo solo, tradito dalla sua mania di solitudine e dalla sua ambizione di entrare nella leggenda del Tour.
Ma piuttosto distrutto è anche Davide Cassani, da quando s'è reso conto di rappresentare l'ultimo, determinante chiodo conficcato nella bara sportiva di Rasmussen. Dalla Danimarca e non solo gli sono arrivati molti messaggi, i più garbati dei quali gli danno del giuda e del figlio di puttana. Altri lo accusano di aver preso soldi dalla Rabobank e dal Tour.
Si sapeva della telefonata di de Rooij-Cassani, mercoledì all'ora di cena. Gli chiedeva conferma dell'incontro casuale con Rasmussen in Trentino e Cassani ha confermato. Da qui l'immediata cacciata del reprobo dal tempio. Non si sapeva, l'ha detto ieri Cassani ai microfoni della Rai, che gli avesse telefonato anche Rasmussen, molto più tardi. "Un filo di voce, la voce di un uomo finito, distrutto, con la mia collaborazione involontaria ma determinante. Ho parlato in diretta di Predazzo la prima volta il giorno di Tignes, quando lui era in fuga. E l'ho fatto con ammirazione, per dire quanto fosse professionista un corridore che s'allenava otto ore sotto la pioggia. Lo scandalo Rasmussen sarebbe uscito pochi giorni dopo, quindi non avevo nessuna intenzione di nuocergli, ho solo detto la verità".
E cosa gli ha detto Rasmussen? "Non ha alzato la voce, non mi ha insultato. Mi ha detto delle cose che voglio tenere per me. Alla fine, ho pianto a lungo, come un bambino".

Un bambino a Morlaas alza uno striscione forse scritto da suo padre: "Rasmussen dehors. Merci". Altro cartello, più in là: "A quando un Tour pulito?" Secondo una rispettabile corrente di pensiero, lo sporco che esce da questo Tour è la prova che si sta smacchiando, che la pulizia è in atto. Prudhomme, nel suo discorsetto prima della partenza, ha tenuto a ringraziare la Cofidis e in particolare il suo manager, Eric Boyer, che ha ritirato tutta la squadra dopo la positività di Moreni e anche tutti i veicoli dalla carovana pubblicitaria. "Abbiamo bisogno di Boyer e di dirigenti come quelli della Cofidis, di tutta la gente di buona volontà che vuole costruire con noi il futuro". Anche se, vorrei aggiungere, il primo problema sembra quello di puntellare il presente. Moreni è uscito dal commissariato di Pau nel cuore della notte. I giornali sono pieni di foto sue, in tuta rossa, tra due gendarmi. Sembra che Moreni, positivo al testosterone, abbia usato un cerotto a rilascio lento.

In questo bel quadretto, gli italiani scelgono sempre il momento sbagliato per vincere una tappa. Pozzato aveva vinto il giorno della caduta di Vino, Bennati il giorno della tirata di collo al Pollo. Dopo 6 km la fuga buona, di otto corridori: Elmiger, Voigt, Fothen, Millar e ben quattro dei nostri: Tosatto, Righi, Quinziato e Bennati. Primi 92 km volati in due ore. Vantaggio massimo mai oltre 2', poi il gruppo molla. Tutti sanno che Bennati è il più veloce e tutti cercano di seminarlo, nel finale. Ma Pantera, questo il soprannome del bell'atleta di Arezzo cresciuto alla scuola di Cipollini, ha gamba buona e occhi lunghi. Forse passerà alla Liquigas, due galli (l'altro è Napolitano) nel pollaio sono troppi. Bennati è troppo forte per perdere questa occasione. Dedica la vittoria alla moglie, Chiara, e non si sottrae a domande sul doping. "Sono molto triste. Fare il corridore per me è più passione che lavoro, ho cominciato a dieci anni. Questo è un brutto momento, si spera sempre che ogni volta sia l'ultima e invece no. Io credo che la maggioranza di noi sia pulita, ma è giusto intensificare la lotta al doping. Non si può tradire l'amore di tutta questa gente che viene a vederci".

Mille volte meglio Bennati della banalità della nuova maglia gialla, Contador. "Rasmussen? Non posso giudicare, non so tutti i particolari, non guardo la televisione, non leggo i giornali, penso solo a correre". Ma lei è pulito? Collabora col dottor Ferrari? Chi sono i suoi medici? "Se non fossi pulito non sarei qui. Mai visto il dottor Ferrari in vita mia. I miei medici sono quelli della mia squadra".
Contador ha 113'' su Evans. Potrebbero bastargli a vincere il Tour, ma forse non i sospetti su un corridore cresciuto con Manolo Sainz.

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