martedì 1 aprile 2008

WASHINGTON'S JOURNAL


Lucio Dalla tanti anni fa cantava l'inutilità di venire a Washington, "non si vede un cazzo, non è rimasto niente nemmeno lì", e forse molto torto non aveva.
Non è facile formulare un giudizio estetico sulla capitale statunitense.

Città anonima? Sicuramente.

C'è qualcosa da vedere? Poco.

C'è qualcosa di americano? Si, ma forse l'America è un'altra cosa.


La camminata per il Mall, per i vari mausolei dei presidenti americani o i memoriali sulle varie guerre qualcosa ti lascia, ma di indefinito, di accennato e non detto.
La questione razziale poi, la differenza ancora enorme tra bianchi e neri, la scortesia di questi ultimi, quasi una sfida verso di te, straniero e rappresentante di quei Wasp che tanto male hanno fatto e fanno contro la comunità afroamericana.

La mentalità della stragrande maggioranza delle persone incontrate, poco flessibili e quasi mai disposte a venirti incontro ma, allo stesso tempo, sacche di gentilezza inaspettate, al cointrollo doganale in aeroporto o nei National Archives.

Post sicuramente contraddittorio, contraddittorio come questa città che non è tutta l'America ma ne è la degna capitale. Una città fifty-fifty pronta ad offrirti sempre un diverso lato della medaglia e a farti comprendere che non è facile tagliare e dividere la realtà in due.

Tantomeno una realtà complessa come quella americana.

Ma non così complessa da non farti arrivare sul groppone le prodezze di Cristiano Ronaldo e di Rooney...

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